di Lucio Sergio Catilina

Un Tale del P. D.C.S. (Partito delle Cinque Stelle), ha rilasciato un’intervista al quotidiano “La Verità”, poi ripresa dal Corriere della Sera, nella quale adombra l’ipotesi che in un futuro, più o meno prossimo, il Parlamento possa non essere più necessario.
“I modelli novecenteschi, dice, stanno morendo, dobbiamo immaginare nuove strade e senza dubbio la Rete è uno strumento di partecipazione straordinario.”
I rappresentanti del Popolo, almeno per il momento e sino a quando il supremo Organo costituzionale non venga definitivamente abolito dalla Rete, dovrebbero limitarsi a “garantire che il volere dei cittadini venga tradotto in atti concreti e coerenti.”
“I modelli novecenteschi stanno morendo” dice con ineffabile seraficità il de cuius; per cui, è tempo di darsi una mossa e mettersi al passo con i tempi.
Mi permetto, sommessamente, di opinare sul fatto che il modello parlamentare sia un modello “novecentesco”.
Esso affonda le sue radici in un passato non certo prossimo, ma molto remoto, del quale pur con ogni modestia i siciliani furono protagonisti.
Anzi, fu proprio nei primi del ‘900 che si cercò in tutti i modi di delegittimare, ridicolizzare e annichilire il prestigio del Parlamento; tanto, da finire per rappresentarlo come una consorteria di politici inutili, corrotti e pericolosi.
Così, deputati e senatori furono dati in pasto ad una folla avida di scandali e bramosa di colpevoli veri o presunti dei gravissimi giorni di frustrazione e disagio, che in quegli anni si vivevano .
Non a caso“LUI”, il 16 novembre del 1922 nel suo primo discorso alla Camera, affermava “Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.”
Il resto è storia!
Mi piace, però, fare notare un’assonanza tra le due dichiarazioni: “almeno per il momento”.
Infine, volentieri vorrei chiedere al Vate della piattaforma Rousseau chi dovrebbe proporre alla Rete i quesiti sui quali il popolo sarebbe chiamato ad esprimere la sua sovrana volontà.
Sono sicuro che, se leggesse queste povere righe, con la solita sfrontata sicumera direbbe che ogni proposizione di legge e qualsiasi forma di attuazione della stessa non potrebbe che essere di esclusiva competenza di lui stesso medesimo, del “Divino” e di uno staff di fidatissimi reclutati dalla Rete.