Da sempre, ma con rinnovato vigore agli inizi del secolo scorso, ci si è interrogati sulla realtà dei fatti, sulla mente che li osserva e sul linguaggio che li esprime e descrive.
Mentre la tecnologia metteva a disposizione dell’umanità prodigi come l’elettricità, la possibilità di volare e macchine più veloci di ogni animale, la scienza riusciva a ‘ridurre’ la spiegazione dei fenomeni naturali determinandone cause ed effetti con la precisione della matematica e della fisica.
Allo stesso modo si è cercato di ridurre, appunto, il linguaggio, la mente e la realtà così da stabilirne le verità più profonde e determinarne forma e sostanza. Dalle accademie di tutto il mondo i pensatori più brillanti concentrarono su tali argomenti i loro sforzi che, nel volgere di qualche decennio, ci hanno fornito nozioni fondamentali per comprendere il mondo e noi stessi. Concetti come il ‘contesto’, i ‘giochi linguistici’ e gli ‘atti’ che compiamo con le parole, sostenuti dal progresso della logica, ci hanno portati ai livelli di conoscenza odierni e che prima, e sempre, sono stati, al più, immaginabili.
Dobbiamo a J.L. Austin, da Oxford, la prima formulazione degli ‘atti linguistici’ e di come compiamo delle azioni con le parole. È grazie ai suoi studi che finalmente, nella seconda metà del ‘900, l’approccio analitico (episteme) al linguaggio ha permesso di spiegare come con le parole modifichiamo la realtà. È con la ‘forza illocutoria’ di una parola o di una frase, ovvero l’intenzione con cui le comunichiamo che “performiamo”, cioè cambiamo, lo stato di fatto della realtà. Quando si dà un ordine, si battezza, si emette un verdetto, si afferma o nega non esprimiamo solo un pensiero con le parole, ma compiamo delle azioni che modificano la realtà che ci circonda e con cui ci rapportiamo.
Queste nozioni fondamentali determinano tutta una nuova concezione di quel che è la realtà, la mente, la coscienza ed il linguaggio. Ciò ha posto, inoltre, importanti questioni alla neuroscienza ed alla tecnologia computazionale, alla problematica dell’Intelligenza Artificiale.
Su quest’ultimo problema, in particolare sulla coscienza e la mente, è bella e ‘complessa’ la proposta del fisico teorico siciliano I. Licata che spiega: «quel “qui” ed “ora” soggettivo resta il frutto più prezioso della coscienza (…) perché non riguarda una CLASSE ma UN EVENTO UNICO, l’incontro singolare ed irripetibile, irreversibile, tra una mente ed un mondo attraverso un GIOCO privato di storie, memorie e vincoli (…) Il linguaggio d’elezione per parlare di quel momento “lì” non è quello [riduzione] della scienza, è quello dell’arte».
Giovanni Vitale