di  Salvo La Porta

A Catania, in via Pozzo Canale 31, proprio all’angolo del  281 della via Vittorio Emanuele dove insiste l’ingresso principale,  c’è la vetrina di una parruccheria per signora e per uomo.
Quand’ero bambino, trascorrevo molto del mio tempo seduto sul gradino di quella vetrina; lì erano esposti i prodotti di  una delle profumerie più rinomate della città, la “Profumeria e  Toletta Roma” del cavaliere ufficiale Michele Spalletta e della di lui moglie Maria Sferlazzo, miei nonni materni e titolari del  prestigioso marchio di cosmetici “Sapria”.
Lì, si affollavano, vagheggiando disordinatamente, i desideri e i sogni di un bambino, che non immaginava neppure  che, da lì a poco, sarebbe prepotentemente entrata nella vita di  tutti la televisione.
Quando posso, ritorno sul quel gradino e cerco di riallacciare i rapporti, di figurarmi i volti e le voci di quanti  ricolmarono d’amore i miei primi anni.
La vita mi strappò via dal calore dei miei nonni e da quella strada con una asprezza, che rasentava la virulenza. Quasi  un incubo dal quale, a distanza di moltissimi anni, non riesco  neppure io capire come sia riuscito a venire fuori.
Altri luoghi, nel tempo, si prestarono ad accogliermi e si resero generosamente pronti a raccogliere e custodire i sussurri, i  sospiri, le angosce, gli affanni dell’anima mia.
Ma quello, quello rimane “ l’angolo di terra che più di ogni altro mi rende felice”.
Per dirla con Orazio, “ille terrarum mihi praeter omnes angulus ridet”.
E’ il “luogo dell’anima”; il luogo, in cui l’anima sa di potere ritrovare se stessa; di potere scavare senza inibizioni esenza ritegno; libera di muoversi senza dovere dare conto e retta ad alcuno, neppure a se stessa.
Lì e soltanto lì, può inziare il lungo, a volte doloroso e travagliato viaggio nei “ luoghi nell’anima”.
Ovverosia, in quei luoghi in cui a nessuno è lecito addentrarsi senza le dovute precauzioni. Neppure a noi stessi che, con stupida  sconsiderazione, riteniamo di esserne se non i padroni, i custodi.
Sono i luoghi in cui si affollano rimorsi, rimpianti, aspirazioni, e sogni frustrati, invidie, miserie, inconfessate e inconfessabili;  cicatrici vecchie mai del tutto rimarginate e ferite ancora laceranti  e sanguinanti, che forse mai si si saneranno.
Bisogna andare piano, senza fare rumore, lasciandosi parlare, ascoltare e parlarsi solo quando la voce ti scoppia dentro il cuore;  quando hai perso ogni pudore nei confronti del peggiore giudice,  con il quale si possa avere a che fare, te stesso!
Leonforte, 18 novembre 2020