di Josè Trovato

Un imprenditore di Enna imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e il presunto referente di Cosa Nostra a Calascibetta, accusato di mafia. Si è chiuso con le loro condanne, in primo grado, il giudizio abbreviato a carico di due dei tre arrestati dell’operazione “Cerberus”, condotta dagli agenti della sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile di Enna e del Commissariato di Leonforte il 2 aprile 2019, sotto il coordinamento della Dda di Caltanissetta. L’imprenditore cinquantenne ennese Giuseppe Di Venti è stato condannato a 4 anni 5 mesi e 10 giorni di reclusione; mentre Carmelo Bruno, sessantenne di Calascibetta, è stato condannato a 8 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso.
La sentenza è stata emessa dal gup Graziella Luparello, che ha sostanzialmente accolto la tesi dell’accusa, sostenuta dal Procuratore aggiunto di Caltanissetta Roberto Condorelli – che ha coordinato sin dall’inizio le indagini della polizia – escludendo solo le circostanze aggravanti contestate a Bruno e concedendo le attenuanti a Di Venti, ma riconoscendo gli imputati responsabili dei reati a loro ascritti. Un terzo imputato, un altro imprenditore ennese, ha scelto il giudizio ordinario. A Di Venti e all’altro imprenditore (che come detto sarà processato a parte), secondo l’accusa, la cosca avrebbe assicurato l’egemonia delle forniture in un’ampia fetta del territorio ennese, in cambio del loro sostentamento economico e della loro opera di mediazione nei confronti di altri imprenditori edili della zona, anche per il pagamento del “pizzo”. Di Venti, che ha ottenuto le generiche e un’ulteriore diminuente per il rito scelto – e che ha ottenuto prima della sentenza la revoca dei domiciliari in luogo dell’obbligo di presentazione alla pg – è difeso dagli avvocati Michele Baldi e Carmelo Peluso. Fonti vicine alla difesa annunciano che ricorreranno in appello.

Giuseppe Di Venti


Di Venti, interdetto dai pubblici uffici per cinque anni, per l’accusa sin dagli anni ’90 – ipotesi contestata anche all’altro imprenditore, che però deve ancora essere processato – avrebbe messo a disposizione di Cosa Nostra la sua attività imprenditoriale, inizialmente nell’ambito della famiglia di Enna facente capo allo storico boss in prigione Gaetano Leonardo, poi avrebbe avuto come referente proprio Bruno e infine Salvatore Seminara, boss provinciale di Cosa Nostra, quale “soggetto gerarchicamente sovraordinato” a Bruno.
Bruno, invece, è ritenuto dall’accusa componente sin dagli anni ’90 di Cosa Nostra, poi principale esponente della famiglia di Calascibetta.  Difeso dagli avvocati Giuseppe Lo Vetri e Salvatore Guggino, Bruno ha ottenuto l’esclusione delle aggravanti. Si tratta per gli imputati di una sentenza di primo grado, va specificato. A Bruno è stata applicata la sanzione accessoria dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici.

Carmelo Bruno