di Giovanni Vitale

Ce lo chiede, insistentemente, Facebook dal nostro profilo personale. E non è raro leggere spiritosaggini, arguzie, facezie ma anche risposte sentite e sincere. Talvolta capita chi spiega che è sciocco rispondere trattandosi della domanda automatica di una ‘macchina’, ovvero l’algoritmo della piattaforma che, così facendo, “intende” solo stimolare alla condivisione di qualcosa ma che alla macchina, in realtà, non frega assolutamente nulla di quel che pensiamo!
Mi fa tornare in mente la buonanima di mio zio Salvatore che quando in TV mandavano film di guerra hollywoodiani, in cui italiani e tedeschi erano tutti brutti e cattivi mentre gli alleati tutti eroi buoni, lui s’arrabbiava di brutto ed esclamando “pugno di cornuti” sputava allo schermo e cambiava canale!
Eh sì, perché quella guerra lui l’aveva fatta e sofferta e la sua esperienza personale lo portava a sostenere che gli alleati tedeschi erano gran signori mentre gli inglesi, dei quali era stato per anni prigioniero… qui non è riportabile cosa diceva di loro!
L’aneddoto è per evidenziare che rapportarsi col medium in modo diretto e personale, arrivare ad interagire col terminale del canale come fosse una persona e rispondere al messaggio come se la persona sia reale, non è poi una novità né peculiarità del socialnet.
Può anche capitare, no?, che leggendo qualcosa che non piace e con cui si è fortemente in disaccordo, nel momento di stizza si butti via il libro, o quant’altro, accompagnando il gesto con un sonoro “ma vaffa…”. Certo, non lo si fa in presenza dello psicanalista e resta un fatto privato, fra “sé e sé”.
Ecco, credo che il ‘problema’ effettivo sia proprio la confusione, ormai generalizzata, fra ‘pubblico e privato’, più che l’intelligenza o alienazione di quei gesti e “risposte”!
Una “con-fusione” caratteristica del ‘massaggio’ che i media, tutti i media, operano su di noi e per cui McLuhan ha scritto pagine memorabili; pagine che, solitamente, vengono riassunte con ‘Il medium è il messaggio’, titolo di un suo celebre saggio in cui il sociologo canadese spiega che il rapporto con i media è SEMPRE un vero e proprio “contatto”, un “massaggio” psicologico e fisico che sollecita l’interazione, cioè una qualche “risposta” da chi il messaggio riceve, che varia d’intensità a seconda della “temperatura” del medium e, magari, dalla ‘performatività’ del messaggio, ma a cui NON ci si può sottrarre.
Dunque la domanda “A cosa stai pensando” del socialnet, è solo l’alternativa al segnale “tu-tuuu” che sentiamo al telefono quando apriamo la linea per comporre un numero da chiamare; è quella che la linguistica definisce funzione ‘fatica’; oppure ‘contatto’, cioè la disponibilità del ‘canale’ all’uso secondo la Teoria matematica della comunicazione di Shannon e Weaver.