di Josè Trovato

Approderanno a Enna gli atti dell’inchiesta “Ultra”, la maxi-operazione del Ros di Caltanissetta e dei Carabinieri di Enna che ha messo al tappeto il clan di Cosa Nostra a Barrafranca, che avrebbe avuto tra i suoi punti di riferimento lo storico boss ergastolano Raffaele Bevilacqua e operato chiedendo il pizzo e controllando il traffico di stupefacenti. La sezione Gip di Caltanissetta ha emesso un decreto di giudizio immediato per Bevilacqua, che sarà processato assieme ai tre figli Maria Concetta, Flavio Alberto e Giuseppe Emilio e un totale di 45 imputati a partire dal prossimo 23 febbraio dal Tribunale collegiale di Enna.  Questa data e lo stesso giudizio, va evidenziato, in realtà salteranno per molti imputati, che avrebbero già avanzato richiesta di rito abbreviato. Al momento non è chiaro chi lo abbia fatto né per quali reati. Ad ogni modo il Giudice per le indagini preliminari David Salvucci, accogliendo la richiesta della Dda, ha rilevato che “la prova in ordine ai reati contestati appare evidente alla luce degli atti”.
Nello stesso decreto di giudizio immediato si ricorda che in relazione alle accuse, gli imputati sono sottoposti a custodia cautelare (a vario titolo tra il carcere, i domiciliari e misure meno afflittive) e che “risultano rispettate le condizioni di legge”, avendo “il Tribunale del Riesame confermato i titoli custodiali” e che tutti gli imputati sono stati sottoposti a interrogatorio di garanzia, decidendo o meno di rispondere.
L’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso è contestata a Bevilacqua, ai tre figli Maria Concetta, Flavio Alberto e Giuseppe Emilio, a Luigi Fabio La Mattina, Filippo Milano, Salvatore Privitelli, Alessandro Salvaggio, Salvatore Salvaggio e Salvatore Marco Vaccari. Secondo l’imputazione Bevilacqua, la figlia, Privitelli e Alessandro Salvaggio avrebbero promosso e diretto le gesta del clan; gli altri ne avrebbero fatto parte.
Bevilacqua, Privitelli e Alessandro Salvaggio avrebbero elaborato i piani criminali e le strategie operative volte alla riscossione del pizzo e a garantire l’assunzione di vari “sodali” e soggetti vicini al clan presso vari cantieri o comunque attività economiche della zona. I tre figli di Bevilacqua si sarebbero occupati di tenere i contatti con gli altri indagati, veicolando le direttive del padre. Milano si sarebbe occupato nel corso degli anni di far pervenire alla famiglia Bevilacqua, dandoli alla moglie, somme di denaro a titolo di mantenimento per il capo famiglia detenuto e di contattare imprenditori vittime di estorsioni.
Tra le accuse, contestate a vario titolo ad alcuni imputati, ci sono almeno due tentate estorsioni ai danni di imprenditori piccoli e grossi, l’estorsione ai danni della ditta che svolgeva i lavori di smaltimento dei rifiuti solidi urbani a Barrafranca. C’è poi l’accusa di aver gestito un traffico di droga: a Bevilacqua, al figlio Flavio Alberto e Alessandro Salvaggio, più nello specifico, viene contestato di avere, “quali capi e promotori, in quanto elementi apicali della famiglia mafiosa di Barrafranca”, autorizzato “la gestione del traffico di stupefacenti” a Barrafranca, portandolo sotto il controllo dell’associazione mafiosa, delegando Salvatore Privitelli e Fabio Luigi La Mattina di individuare i canali di rifornimento della droga e tenere i contatti con i fornitori. In più avrebbero ricevuto “in più occasioni denaro provento del traffico di stupefacenti”, e impartito “tramite gli associati in posizione subordinata le opportune direttive finalizzate a sedere contrasti tra i vari soggetti gestori della piazze di spaccio” .
Si andrà a giudizio, dunque, con rito immediato o abbreviato a seconda di quelle che sono le scelte delle difese.
Raffaele Bevilacqua, va ricordato, è il vecchio boss già coinvolto in storie di mafia negli anni ’90, ma condannato in via definitiva solo a fine anni Duemila, a seguito dell’inchiesta Gransecco. Fu referente provinciale a fine anni ’90 per volere di Bernardo Provenzano. E’ stato anche esponente politico della Democrazia Cristiana, storicamente vicinissimo a Salvo Lima. Avvocato penalista tra i più noti della provincia di Enna in quegli anni, è stato anche consigliere provinciale e ha ricoperto altre cariche pubbliche. La giustizia lo ha condannato all’ergastolo perché mandante dell’omicidio di Domenico Calcagno di Valguarnera, ordito assieme ad altri esponenti della mafia catanese e calatina, tra cui il sanguinario boss di Caltagirone, recentemente scomparso, Francesco La Rocca. Dopo esser stato lungamente al 41 bis, nel 2018 aveva ottenuto la detenzione domiciliare a Catania per motivi di salute. Immediatamente si sarebbe rimesso all’opera per riorganizzare il clan di Barrafranca. Il 1 luglio scorso, così, i carabinieri lo hanno riportato in carcere.