di Josè Trovato *

Enna. Un giovane che accusa un sacerdote di abusi sessuali è caso scabroso, che fa notizia e che riporta nella mente di tutti i tanti scandali legati alla pedofilia nel clero che di recente, grazie anche all’impronta pro veritate di Papa Bergoglio, stanno venendo a galla a macchia di leopardo in varie parti del mondo. Suscita discussioni e clamore, soprattutto in un contesto piccolo come Enna e nell’era dei social, quando la condivisione in rete di qualunque pezzo, anche il più equilibrato, rischia di ospitare commenti di ogni tipo. Eppure i fatti sono lì e vanno raccontati.
Vanno raccontati dai cronisti senza censure, perché costituzionalmente non possono essere censurati da nessuno, né autorizzazioni preventive. In questo caso i fatti oggetto della denuncia, riportati in pezzi di cronaca molto puntuali e dettagliati, sono già virali. Questo ci ha indotto ad aspettare un po’ prima di scrivere, nella convinzione che repetita iuvant sed stufant e che il nostro desiderio di verificare per bene le notizie, prima di gettarci a capofitto nell’arena, ci aveva esclusi dalla rivendicazione della primogenitura su una news. Cosa che francamente non ci è mai interessata.
I fatti in questione riguardano il caso di cui si è detto: un giovane che accusa un parroco di abusi sessuali reiterati e continuati negli anni; l’ipotesi che possano esserci altre potenziali vittime (potenziali vittime di un reato che, va detto, deve ancora essere oggetto di approfondimenti investigativi e poi, eventualmente, di un processo); e un’indagine aperta dalla Procura.
I fatti sono questi, arricchiti in vario modo di particolari dalle varie testate.
Dopo aver consultato le nostre fonti, riservate poiché autorevolissime e fidate, possiamo scrivere come stanno le cose. Le accuse sono lì, contenute in un’inchiesta aperta dall’ufficio requirente ennese, diretto dal procuratore Massimo Palmeri, a seguito della presentazione di una denuncia. Magistratura che ha delegato le indagini alla squadra mobile di Enna, diretta dal vicequestore Antonino Ciavola. C’è un’accusa, gravissima. C’è una denuncia. Una denuncia è stata presentata. Lo ribadiamo per sottolineare il concetto: una denuncia è stata presentata. E ci sono delle indagini, in corso dunque soggette a segreto istruttorio. Spetterà alla magistratura il compito di comprendere se e chi abbia commesso cosa. E lì ci fermiamo, salvo aggiungere ciò che è lapalissiano: la Procura acquisirà gli atti relativi a un’inchiesta che, è trapelato ieri, sarebbe stata aperta dal Tribunale ecclesiastico; e c’è da credere che chiunque abbia ricevuto confidenze, denunce o ricostruzioni dalle parti, sarà sentito dagli investigatori.
Se la complessità dell’inchiesta grava tutta sugli inquirenti; a noi grava la complessità di valutare la notizia, separando il fatto dal commento. E quest’ultimo purtroppo non può non tenere conto di quanto sta accadendo in queste ore sui social, dove in tanti hanno sentito l’esigenza di dividersi tra innocentisti e colpevolisti; come se dall’esito di un televoto dipendesse l’accertamento di un fatto tanto grave. Mai come in questi casi l’esercito dei social dovrebbe provare a fare un passo indietro e tacere. Nessuno dice che le notizie non vanno commentate, che non si possa esprimere indignazione; ma che altrettanta indignazione andrebbe rivolta nei confronti di chi, seduto nella poltrona di casa sua, si ritiene all’altezza dei giudici, esprimendo condanne o assoluzioni preventive e sommarie. Ecco: le sentenze spettano ai tribunali, vige il principio di non colpevolezza.
Lo si deve alla vittima, o alle vittime; e anche allo stesso indagato. Cito ciò che disse a un processo in Corte d’Assise a Caltanissetta un autorevole Presidente: “Vittima e imputati, innocenti o colpevoli che siano, colpevoli o innocenti che siano, hanno diritto a un processo giusto”.
In quest’ottica la magistratura va lasciata lavorare serenamente, perché l’accertamento della verità è ciò che dovrebbe stare a cuore a tutti: il chiacchiericcio social, la ricerca del pettegolezzo su Facebook, la battuta infelice, l’atteggiamento irresponsabile di chi prende in mano il cellulare senza fare caso a ciò che scrive, sono tutti comportamenti inappropriati.

*Direttore Responsabile