di Giovanni Vitale
L’allarme per lo spopolamento locale di paesi e cittadine a vantaggio dei grandi centri urbani è problematica antica. Ad esempio, com’è noto, sta alla base di quel complesso fenomeno storico chiamato ‘Urbanesimo’ che costituì quegli eventi sociali straordinari che, col tempo, hanno dato fisionomia propria alla società occidentale: ovvero la borghesia e, conseguentemente, il capitalismo.
In Occidente tale fenomeno, che ricorre similmente in varie epoche ma che oggi si unisce ad altri di diversa “natura”, quali la bassa natalità e l’invecchiamento della sua popolazione, nella concomitanza sta avendo effetti drammatici e, per certi aspetti, devastanti. Ciò è reso più complesso da un aspetto particolare della nostra epoca, cioè l’intensa migrazione di gente su scala globale, favorita dalle moderne tecnologie dei mezzi di comunicazione, sia per l’informazione che per il trasferimento di persone. Inoltre la popolazione complessiva, negli ultimi 70 anni, è triplicata e continua ad aumentare nel resto del mondo, insieme alle sue istituzioni locali e internazionali.
La considerazione razionale di questi fenomeni fa spesso riferimento all’opposizione logica ‘Locale/Globale’. Si tratta di una ‘dicotomia’ d’ambito matematico che è stata frequentemente, e talvolta indebitamente, utilizzata in altri settori della conoscenza. Il suo ambito specifico, infatti, è quello della geometria e della Topologia differenziale, della Topologia algebrica, la Teoria delle equazioni differenziali o la Teoria delle singolarità. La sua ‘estensione’ può ricoprire poi, seppure parzialmente, altri ‘campi’ logici quali ‘Centrato/Acentrato’, ‘Continuo/Discreto’, ‘Universale/Particolare’, ‘Spazio/Funzione’, investendo fortemente dunque, come ci avverte J. Petitot, la stessa Semantica Teorica.
Tralasciamo ora la specificità matematica della dicotomia ‘Locale/Globale’ e rivolgiamoci ai suoi “usi” in altre discipline di studio, senza altresì addentrarci in questioni anch’esse tuttora dibattute quale, nella fattispecie, il suo “lecito” utilizzo nella Teoria dei Sistemi che peraltro accompagna dalla fondazione, intorno alla metà del secolo scorso, lo sviluppo della definizione di ‘Complessità’ e delle sue speculazioni teoriche. Ovvero, discutendone con relativa semplicità, possiamo affermare che l’utilizzo di ‘categorie’ scientificamente precise, come avviene per la matematica e le altre ‘scienze dure’ in cui sono molto utili e proficue, se usate in altre discipline meno deterministiche – il cui rigore inferenziale risponde a logiche meno stringenti e i cui passaggi da una formulazione a un’altra diventano più “creativi” – porta solo a chiacchiere opinabili il cui valore predittivo, di organizzare cioè azioni e comportamenti funzionali ad un determinato risultato, è quanto meno, se non del tutto, fantasioso!
Quanto appena detto è tanto più vero se riferito all’analisi di problematiche come quelle di cui si diceva all’inizio, di popolazione e migrazione, cioè a questioni dalle tipiche caratterizzazioni sociali, psicologiche ed economiche. A quanto pare, tuttavia, l’approccio più razionale a tali faccende è senz’altro quello che ne dà la forma di ‘Complessità’ che, seppure con i limiti poc’anzi accennati, grazie alla pluri-disciplinarietà riesce a formulare elaborazioni teoriche dal rigore “sufficientemente” accettabile, tali cioè da poterne tenere conto per la programmazione sociale e, con molta attenzione, finanche politica. Il ché, date le attuali circostanze, non è poco.