di Pierelisa Rizzo

Continua il nostro viaggio all’interno della Diocesi di Piazza Armerina. Un viaggio doloroso che sembra, a tratti, confermare quella dichiarazione resa all’Ansa dal Vescovo, Rosario Gisana, che alla domanda di chiarimenti sul sacerdote accusato di avere abusato di un minore ad Enna, negli anni tra il 2008 e il 2013, risponde: “Non ho capito di chi si parli. Abbiamo tanti casi”. Il nostro viaggio non è un atto d’accusa, piuttosto una decouverte di casi alcuni dubbi, e altri palesemente conclamati, di prelati che si sarebbero dedicati ad altro mentre facevano o fanno i sacerdoti. Un viaggio che nasce dal caso di Enna e dal coraggio di un giovane uomo che, dopo tanti anni, ha trovato la forza di denunciare. Ecco perché ferisce leggere sui social che la denuncia ennese nascerebbe semplicemente da una “lite tra omosessuali”. Ci fregiamo tanto di simboli, ci ergiamo a moralisti e a salvatori della Patria, vestiamo i panni dei progressisti ma, quando il marcio ci tocca da vicino, siamo abili a derubricare tutto banalizzandolo. Allora riflettiamo prima di scrivere, di giudicare, di sentenziare. E, principalmente abbiamo rispetto delle ferite che hanno, comunque, graffiato irrimediabilmente l’Anima.

 
Fa parte sempre della Diocesi di Piazza Armerina il prete, quasi ottantenne, accusato di avere adescato una minore della parrocchia, invitandola più volte in chiesa mentre non c’era nessuno, con la scusa della redenzione. Siamo a Gela, il prete viene nominato dal vescovo Gisana parroco in quel quartiere, tra i più poveri della città, dopo che il precedente vescovo Michele Pennisi lo aveva misteriosamente allontanato per qualche tempo. La vicenda riguarda dunque un parroco avanti nell’età e una ragazzina, di una famiglia disagiata, che gli consegna le sue fragilità, i suoi pensieri, i sogni di una preadolescente. Ed è in quel varco di incertezza, propria dell’età, che si sarebbe insinuato il parroco; il quale avrebbe iniziato a intrattenersi con la ragazzina, a invitarla continuamente in parrocchia quando non c’era nessuno, fino a quando lei non si sarebbe decisa a raccontare e far scattare l’inchiesta.
Sentita la minore, che ha confermato tutto, ora si attende il processo. E su quel tutto volutamente non ci dilunghiamo in dettagli morbosi, che tanto piacciono ad alcuni lettori ma preferiamo lasciare tutto in un limbo di pudore. Questo caso figura nella relazione della Corte d’Appello di Caltanissetta, depositata dal presidente in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.