Quando? Quando cesserà il tempo dell’amore violato? Quando, le donne, potranno sentirsi libere di scegliere senza subire conseguenze? Quando il mondo potrà smettere di pronunciare ai TG, sui giornali, dalle bocche dei familiari delle vittime, la parola “femminicidio”?
Da dove partire per sciogliere quel filo spinato fatto di Leggi e di un Sistema che, spesso, è indifferente, lento? Un gomitolo di dolore che ingarbuglia uomini maltrattanti, e donne che tentano di conquistare la propria identità annientando quella struttura ideologica basata sul patriarcato.
Troppe domande, poche risposte.
Nell’ultimo periodo, in Sicilia, abbiamo assistito a un aumento di casi di femminicidio. Nei  giorni scorsi, l’ennesimo: ad Acitrezza, Vanessa Zappalà, 26 anni, è stata sparata dall’ex fidanzato, più volte denunciato per stalker.
Perché?
“Cambiare il linguaggio delle relazioni, modificare il senso dei rapporti umani e, in particolar modo, è necessario non stare su un palco a predicare azioni di prevenzione ed educazione efficace” afferma la dottoressa Maria Giusi Cannio, psicoterapeuta e responsabile di una delle Case Rifugio predisposte dalla Cooperativa Sociale Etnos di Caltanissetta.
Sì, perché la chiave di volta è proprio nel cambiamento. Un cambiamento che deve essere alla base dei comportamenti, i quali “si azionano perché li sentiamo nel corpo e non vengono setacciati dalla razionalità” continua la dottoressa Cannio, secondo cui gli uomini maltrattanti sono dominati da un pensiero razionale che ha difficoltà a emergere a causa, anche, di tutte le immagini pronte all’uso che ci offre il web; immagini che insegnano a emulare a ogni costo.
“Sembra che l’essere umano abbia bisogno perennemente di ricevere conferme dall’altro, e se questi non c’è più a dire «Tu sei okay», allora è meglio eliminare il problema”, prosegue, con una punta di preoccupazione, la professionista.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg, perché in fondo all’oceano troviamo ostacoli legati ai protocolli psichiatrici, che non aiutano a risolvere la situazione poiché permettono alle agitazioni psicofisiche dell’individuo maltrattante di trovare quiete nell’uso di psicofarmaci. E non solo.
“Non ci sono servizi idonei e sufficienti – che non siano cliniche o SerT ‒, che accolgano il disagio delle persone. Sedare chi non sa stare al mondo elimina qualche sintomo, ma genera altri agitati” sottolinea la Dott.ssa Maria Giusi Cannio.
E cosa manca alla società per porre fine ai femminicidi?
“I femminicidi sono in crescita anche perché, secondo il mio modo di sentire, mancano le madri – di maschi e di femmine ‒ a educare alla vita e al rispetto”.