di Josè Trovato

Gagliano Castelferrato. Uno spettacolo itinerante ricco di pathos, capace di stimolare riflessioni profonde sul senso della vita e della morte, intesa come fine delle sofferenze, castigo eterno o dannazione. Le stradine del centro storico, quel budello di viuzze che si inerpicano fin a ridosso della Rocca di Gagliano, passando per la chiesa di San Cataldo, sono state il teatro, la notte fra il 30 e il 31 agosto, di un dramma senza tempo, intitolato “La notte dei fantasmi”, realizzato a cura delle Guide dei Beni ecclesiastici di Gagliano Castelferrato e rappresentato più volte, nel corso della notte, al fine di consentire ai tanti spettatori di poter assistere nonostante le restrizioni dovute alla pandemia. Tra gli eventi conclusivi del mese cataldiano, un cartello di manifestazioni religiose e laiche che accompagnano i festeggiamenti in onore del patrono San Cataldo, si è svolto alla presenza dell’arciprete Pietrantonio Ruggiero, il quale lo ha introdotto sottolineando come i fantasmi non esistano, ma ribadendo il messaggio cristiano sulla vita eterna che non prevede, ovviamente, la superstizione di anime e spiriti che restano a vagare sulla terra dopo la morte.
 
Sei testi recitati da un cast di bravissimi interpreti, con il tema straziante della morte come filo conduttore. Un trapasso giunto alla fine, quasi come refugium peccatorum a una vita di supplizi, raccontata in prima persona dalle anime in pena che in quel rifugio, in realtà, non fanno che rivivere i propri tormenti. Come è il caso di Claudia Vicari, appassionata protagonista del primo capitolo, nel suo ruolo della “putiaredda” devastata dall’amore e dall’abbandono ne “I mori”, con Benito Tirolo nei panni di un principe arabo, testo di Leana Bisignano.

Un’immagine de “La putiaredda”


Immagini sinistre e inquietanti, come quella de “L’arciprete incatenato”, racconto di un vissuto di tormenti interiori e sofferenza, interpretato da Giuseppe Baldi, testo di Alida Brazzaventre.

Uno scatto de “L’arciprete incatenato”


O ritratti struggenti, come “A matri” (testo Brazzaventre), il monologo di una madre disperata che racconta l’assassinio della figlia, affidato a Stefania Lupica, coro Angela Pappalardo.

A “matri”


Anime che vivono un inferno, come il protagonista di “Antonia”, affidato a Gaetano Cantale, che narra la sua devastazione per la sparizione della contessina Antonia, testo Bisignano e Cataldo Pignato.

Un momento di “Antonia”


La devastante storia di una popolana che scelse di togliersi la vita pur di non cedere alla barbara tradizione dello ius primae noctis, interpretato splendidamente dall’attrice professionista Lorenza Denaro (“A malazita”, testo Brazzaventre).

Un momento de “A malazita”


O racconti destinati a far riflettere, come “La risuscita dei morti”, tratto da un racconto di padre Giuseppe Brancatelli edito in “Ti cuntu”, reinterpretato da Alida Brazzaventre, affidato all’attore professionista Filippo Brazzaventre, che si conclude così: “Murticieddi, sapiti chi vi dicu? Giacchè tutti chiddi ca vi ciancieru nun vi rivolinu, stativi dduocu, continuati a dormiri ‘nti la santa paci e tranquillità. Tiempu nun è ppi turnari ccà”.

Una fase de “La risuscita dei morti”