Riceviamo e pubblichiamo questo testo personalissimo, che non può definirsi un “pezzo giornalistico” in senso stretto, bensì piuttosto una lettera aperta, accorata e affettuosa, di un uomo di fede, come il nostro amico, collega e collaboratore Mario Antonio Pagaria.

Sono per metà agirino. Mia mamma era di Agira, quello stupendo colle che diede i natali a Diodoro Siculo e conserva vestigia medievali. Gli ultimi solidi legami che ho con questo ameno paesino, dove abbiamo venduto tutte le proprietà, sono i miei nonni e i miei zii ivi sepolti. E, ovviamente, anche una forte devozione a san Filippo. Così, capita sovente che un paio di volte al mese mi rechi ad Agira e dopo essere stato al cimitero vada a messa all’Abbazia , dove sono custodite le reliquie del Santo. Dovete sapere che sono “molto difficile” nello scegliermi i preti con i quali confessarmi, un po’ perché ho vergogna, un po’ perché non mi va di sentirmi giudicato.

In questi ultimi anni, all’Abbazia, ho conosciuto un prete con il quale mi sono confessato spesso e gli ho scaricato i miei peccatacci, tanti, troppi, credetemi. Mai dalla sua bocca, vi giuro, è uscito un diktat, mai un giudizio, ma solo parole di misericordia e di perdono. Ed in questi anni non ci siamo mai detti niente di pleonastico se non rivolgerci il saluto reciproco cordiale. Ci siamo sempre capiti soltanto con uno sguardo. Quando si possiede la “luce di Cristo” negli occhi, perdonatemi ma passatemi la presunzione, le parole non servono a nulla. Si tratta di padre Giuseppe La Giusa, nato e cresciuto ad Agira e ordinato nella sua Abbazia. Amato pure dalle pietre. Ho notato, in lui bazzicando all’Abbazia, la semplicità del pastore, amato da tutti, disprezzato da nessuno, invidiato, purtroppo da qualche suo confratello sacerdote, che a dire di nostre fonti avrebbe voluto “farlo fuori” a causa della sua popolarità.

Alcuni giorni fa, il vescovo di Nicosia, ormai alle soglie della pensione, con un improvviso provvedimento, a dire di alcuni “parziale ed iniquo”, avrebbe deciso di trasferirlo senza una seria ragione, se non quella che gli sarebbe scaduto il mandato, quindi, doveva “ruotare” insieme ad altri sacerdoti della diocesi. Ma molti fedeli trovano da ridire su ciò, poiché, come anzidetto, il provvedimento sarebbe stato parziale e la rotazione non vi sarebbe stata per tutti i sacerdoti della diocesi. P. La Giusa è molto amareggiato e ha chiesto l’anno sabbatico. Pazienza, andremo a trovarlo presso l’ospedale di Leonforte, dove sicuramente saprà dare conforto ai malati, poiché lí è stato destinato. Il mio personale auspicio è che il prossimo vescovo nominato da Papa Francesco restituisca p. La Giusa alla sua Agira.

Mario Antonio Pagaria