di Lucio Sergio Catilina

In “ Uno, nessuno, centomila” di Luigi Pirandello, Vitangelo Moscarda scopre di non avere la piena coscienza di sé e
di non essere la persona che riteneva.
Per una non intenzionale frase della moglie Dida, che gli fa notare una lieve pendenza del naso, alla quale non aveva mai fatto caso, il pover’uomo precipita nell’abisso di una crisi d’identità, che lo condurrà alla considerazione che nella vita si impara a proprie spese che si incontrano tante maschere e pochi volti… “ Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”.
Per quanto mi riguarda, io credo di appartenere al novero di quei pochissimi volti, di cui parla il famoso
drammaturgo agrigentino, vostro contemporaneo.
Non ho mai fatto mistero di essere quello che sono e la stessa modellazione artistica della mia barba, che mi decora il viso è la riprova della mia ostinata volontà di offrirmi alla gente per quello che realmente sono.
Certo, ci sono state delle occasioni, in cui una maschera l’ho dovuta indossare anche io; sia a beneficio degli altri
che di me stesso. Ma soltanto per l’opportunità del sapere vivere e per la voglia, se volete sfrenata, di conquistare e mantenere il consenso politico. Ma niente di più. Credetemi.
Ho potuto e dovuto, invece, anche io imparare a scoprire che molte persone tra quelle incontrate non erano quelle
che avrebbero voluto fare credere di essere. Ovviamente, l’ho scoperto a mie spese.
Ma basta parlare di me. Vi chiedo solo la cortesia di osservare che non provo neppure a mascherare il mio parossistico
narcisismo!
Se avete un po’ di tempo e la benevolenza di leggere ancora qualche rigo; insomma, se non avete niente di meglio da fare, vorrei che soddisfacesse una mia curiosità, che riguarda tutte quelle persone, che indossano quelle ridicole maschere di stoffa, che dovrebbero proteggervi dal virus pandemico che vi affligge. Mi pare che quelle mascherine, che spesso vi infastidiscono e vi affliggono vi sono in ultima analisi utili, perché vi consentono di nascondere l’essenza vera del vostro volto, proteggendolo dallo sguardo indiscreto ed indagatore del vostro prossimo, che mal tollera ( come voi d’altra parte) di scoprire in voi gli stessi propri suoi difetti. Sbaglio?
Ne parlavo con Terenzio, si proprio quello del “Punitore di se stesso”, che con il suo “ homo sum, humani nihil a me alienum puto” ( sono un uomo, nulla mi è estraneo di ciò che è umano) mi ribadiva che ciascun uomo ha in sé pregi e difetti comuni a tutti gli altri.
Facevamo un’altra considerazione che, pari pari, vi passo. Al di là dei fastidi e dei pericoli derivanti da quella che chiamate pandemia, avete un privilegio del quale non vi siete forse resi ancora conto. Quale? Subito detto. La mascherina di stoffa copre i lineamenti del volto, attraverso e in grazia dei quali spesso si giudica. Non traspare nulla del viso, tutto è coperto.
Rimane il resto del corpo e la inespressività della fronte, che al massimo può essere corrugata o distesa, e… l’espressività degli occhi.
Si, gli occhi possono essere truccati, pitturati, cambiati di colore con artifizi, ma mai possono prestarsi alla pervicace volontà dei loro padroni di apparire quello che non sono.
Tradiscono con estrema facilità, lasciando aperta la porta dell’anima, della cui persona sono luce.
Basta uno sguardo più attento e più profondo e nulla rimane nascosto!