Pubblichiamo un altro episodio su Milocca e con l’occasione rinnoviamo, anche a nome dei numerosi lettori appassionati delle gesta di don Silvestre, gli auguri per la nascita di Elena Sofia Runfola, terza nipotina di zio Salvo e zia Pina.
di Salvo La Porta
La morte del Magnifico Rettore dell’Almo Collegio Capranica di Roma, l’imminente nomina dell’Arciprete e Vicario Foraneo da tempo nella Capitale quale suo successore e, di conseguenza, il fatto che la Sede Arcipretale di Leonforte si sarebbe resa vacante erano praticamente di dominio pubblico negli ambienti interessati.Erano diventati una specie di segreto di Pulcinella, nessuno lo sapeva ufficialmente, ma tutti ne parlavano seppure in gran segreto e con estrema prudenza; “ nuddu ‘u sapi e Catania è china” sospirava donna Sarina con un certo disappunto al Commendatore.Bisognava guardarsi da tutti, perché tutti si sarebbero dati da fare, per andare a sedere sulla poltrona rossa ed indossare la stola bianca con i ricami in oro zecchino, prerogative dell’Arciprete.E non solo a Leonforte, ma anche ad Assoro, a Nissoria e persino nella frazione di San Giorgio avrebbero fatto di tutto, “pi farici a varva, per fregarlo” a quell’anima bella di Silvestre.Oltre ai buoni Frati Cappuccini, decisamente disinteressati, gli unici dei quali ci si sarebbe potuti fidare erano Padre Varano (come sappiamo “in tutt’altre faccende affaccendato”) e Padre Efungidda, il quale avrebbe voluto e potuto ambire a sobbarcarsi il pesante fardello arcipretale, ma era rimasto obiettivamente fuori, a causa del peccato d’origine di avere sfegatatamente aderito al Partito Nazionale Fascista.Immediatamente, quindi, donna Sarina (cosa mai non farebbe una mamma?) mise su una rete di spionaggio e controspionaggio che, lasciando prudentemente fuori gli uomini di chiesa, poteva contare sulla validissima collaborazione delle due Puerpere ( così chiamava le Perpetue di manzoniana memoria) di Padre Varano e di Padre Efungidda, Pippina e Fulippa.Le due donne si rivelarono in pochissime ore degne delle gesta di Mata Hari e riuscirono, prendendo a “ spruare” le Perpetue di tutti i preti, a carpire la rete dei movimenti, che i loro padroni avevano apparecchiato a danno di quell’angelo di don Silvestre.Uscì fuori che il più pericoloso di tutti era il parroco di Nissoria padre Laventi, che non si sa per quale motivo ce l’aveva a morte con Silvestre e non perdeva occasione per diffamarlo, giungendo a seminare le calunnie più infami; si era spinto a fare serpeggiare persino la voce, secondo la quale, il giovane figlioccio Tommaso fosse in realtà suo figlio, nato da una invereconda relazione con la Agatina Rappè.“ Ah, lu malacarni…ah lu farabuttu!” sbottava donna Sarina, quando le riferivano le indegne macchinazioni di quell’aliuotu, galeotto, contro quella gioia di figghiu.Come poteva arrivare a tanta cattiveria per la bramosia del potere? Com’è che non si faceva scrupolo di tirare in ballo quella santa donna di Agatina, che aveva avuto la sventura in tarda età di avere commesso chissà con chi l’unico peccato della sua vita?E, com’è che non si vergognava di sporcare il candore di quel giglio di Tommaso, che lei tanto amava proprio perché figlioccio di Silvestre?Chissà quante volte sarà andato a Nicosia a cutturiari il Vescovo, per essere nominato Arciprete! “ Ah, lu malusurtatu!” e, mentre gli occhi cerulei le diventavano di fuoco, abbandonava l’usuale ritegno e si portava la palma della mano destra ai denti, mordendosi con rabbia il dorso dell’indice e del medio.“ Ah, si l’avissi manu manu ( se lo avessi per lemani!). Bisognava reagire e, mentre pensava allecontromosse più efficaci, devota com’era, alla fine decise di affidare la risoluzione della faccenda al Padre Eterno.Con Lui, con Domineddio se la sarebbe dovutavedere quel cane di Nissoria, il Signore ci doveva pensare….” iddu cu’ me figghiu ( lui contro mio figlio)…’u Signuri cu iddu (il Signore si sarebbe preso cura di lui).Anatema contro padre Laventi!Ora, chiamatelo caso, chiamatelo destino, chiamatelo come volete, non la chiamate iestima, ovverosia maledizione….ma sentite cosa va a verificarsi.°°°°°Come sappiamo, Nino Lo Sicco su disposizione del Commendatore si doveva recare al Vescovado di Nicosia, per convincere il Vescovo ad accettare l’invito al pranzo di Capodanno.Quindi, alle dieci era già in Piazza Garibaldi in compagnia di Fra Maria Angelico, ché quello praticamente non si scugnava (smuoveva) più da Milocca per la disperazione del Priore dei Domenicani; i due erano appena usciti dal Caffè Roma, dove si erano fermati per mangiare un cannolo di ricotta e sorbire una tazzina di caffè, quando cominciarono ad accorgersi che una gran folla di gente vociante si dirigeva verso il palazzo vescovile, davanti al quale sostava un’ambulanza.Anche loro, quindi, affrettarono il passo, chiedendo ora a questo ora a quello cosa mai fosse accaduto.Non ricevendo alcuna risposta plausibile, allungarono il passo, ma si dovettero accontentare di vaghe congetture, dalla cucitura delle quali erano riusciti ad argomentare che qualcuno era stato colto da un improvviso malore.Ma chi, il Vescovo? Fortunatamente Sua Eccellenza, bianco come un cadavere in volto, apparve davanti al portone, mentre lo seguivano due barellieri, che trasportavano il corpo di un uomo, che sembrava privo di vita. Era il cadavere di Padre Laventi, “improvvisamente” colto da un attacco apoplettico, mentre si trovava in udienza…Praticamente, Domineddio aveva scelto da quale parte stare, per la nomina del nuovo Arciprete di Leonforte ed aveva “esaurito”, esaudito, le preghiere di donna Sarina,accogliendo l’anima benedetta del Parroco di Nissoria nel Suo seno, libera dai pericoli di chi sarebbe stato costretto a vivere in questa valle di lacrime”.Non appena il Vescovo intravide da lontano Nino Lo Sicco e Fra Maria Angelico, il volto gli si distese e riprese e, via via, il normale colorito rosso rubicondo.Certo, non era stato bello vedersi accasciare quel poveretto, mentre in ginocchio si apprestava a baciargli l’anello e il vedere due facce amiche fu per lui un inestimabile balsamo di serenità.Avrebbe voluto correre incontro ai due e lasciarsi subito andare alle solite gioviali manifestazione di stima e di….intesa; ma l’aplomb della carica gli consigliò un atteggiamento più prudente ed adeguato.Aspettò, quindi, che il corpo esanime di quella pecorella del suo gregge, che tanto amava,fosse collocato dai barellieri sull’ambulanza, si accertò che gli sportelli fossero ben chiusi e, rigido come un generale di Corpo d’Armata e perfettamente consapevole del suo ruolo di Pastore, alzò solennemente il pollice, l’indice e il medio della mano destra e benedisse prima la vettura con il suo ospite, poi il popolo, che si rallegrava con il defunto, per essere passato a miglior vita nel modo più bello per un prete…tra le braccia del Vescovo.Adesso, poteva fare finalmente cenno di avvicinarsi ai suoi due amici, dei quali ben aveva intuito il motivo della visita.Appena quelli gli furono di presso, impedì paternamente che gli si inginocchiassero e li invitó cordialmente ad accompagnarlo sopra, nel suo studio.Accingendosi a salire le scale, si soffermò e, abbassato il tono della voce, perché solo quelli lo sentissero, sussurrò, “ Acchianamu, pianu pianu…..’u muortu è muortu! Pinsamu ‘o vivu…”