La Prima Sezione della Corte di Appello di Caltanissetta, presieduta dal Dott. Giovanbattista Tona, ha confermato la piena assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste” delle dottoresse Maria Di Costa, difesa dall’avvocato Salvatore Timpanaro, e Rosaria Vena, difesa dall’avvocato Francesco Greco, in relazione alla morte di una donna, nella notte tra il 4 ed il 5 agosto del 2013, a seguito di un intervento di parto cesareo presso l’Ospedale Basilotta di Nicosia.
Le due ginecologhe, in primo grado, erano state assolte con la medesima formula per insussistenza dei fatti con sentenza del 12 febbraio 2020 dal presidente della sezione penale del Tribunale di Enna, Francesco Paolo Pitarresi.
La Procura nicosiana aveva contestato nel 2013 ad entrambe le ginecologhe e ad altri sanitari il reato di omicidio colposo, per avere omesso di effettuare un intervento di isterectomia sulla paziente, che era deceduta per una massiva emorragia dopo il trasferimento in urgenza in elisoccorso presso l’ospedale di Sciacca, essendo indisponibile un posto in rianimazione presso l’ospedale di Enna.
Il pm Fabio Scavone aveva, in un primo tempo, tratto a giudizio tutta l’equipe operatoria, comprendente anche l’anestesista e le due ostetriche, tutti difesi dall’avvocato Timpanaro. Il difensore aveva, però, subito ottenuto lo stralcio e l’archiviazione per gi altri.
Il processo è andato avanti, quindi, solamente nei confronti delle due ginecologhe. La sentenza di primo grado, in ben 86 pagine di motivazione, aveva completamente proscioglie anche le stesse. Per il Tribunale ennese nessuna colpa era ravvisabile nella condotta professionale della Dottoressa Di Costa, prima operatrice, e della Dottoressa Vena.
Secondo la tesi difensiva, sostenuta dall’avvocato Timpanaro, sin dalle prime battute del lunghissimo processo, la responsabilità per la morte della donna dipese essenzialmente: dal malfunzionamento della rete assistenziale; dalla mancanza di un reparto di rianimazione presso l’ospedale di Nicosia; dalla mancanza di disponibilità di posti presso l’ospedale di Enna.
Il Tribunale di Enna nella lunga ed articolatissima motivazione ha riconosciuto che la responsabilità dell’evento dipese dal “malfunzionamento strutturale” della rete assistenziale per l’assistenza ai pazienti, falcidiata da continui “tagli” (sia in termini di funzionalità di una struttura di primo livello, priva di reparto di rianimazione; sia in termini di disponibilità del numero dei posti letto in una vasta e popolosa regione come la Sicilia; sia in termini di funzionalità dell’elisoccorso), il quale malfunzionamento, comunque oggettivamente apprezzabile nel caso che ci occupa, ha impedito di trovare ed ottenere, in tempi definiti dai periti di ufficio “tempestivamente normali”, un posto, per una donna trentenne con gravissima patologia in corso, in un reparto di Terapia intensiva, nonostante la richiesta per via telefonica e intraoperatoria”.
Già nella superperizia collegiale disposta dal Tribunale, i periti di ufficio, professori Asmundo e Accardo, avevano affermato testualmente che “soltanto per il malfunzionamento della rete assistenziale non è stato trovato ed ottenuto un tempestivamente normale posto in un reparto di terapia intensiva”.
In appello, la Prima Sezione della Corte ha disposto una nuova perizia collegiale, nominando periti i dottori Salvatore Corsello e Davide Albano. Anche i periti della Corte hanno ritenuto esente da colpa la condotta delle due ginecologhe e hanno denunziato il malfunzionamento e lo sfacelo organizzativo ed assistenziale del sistema di trasferimento in elisoccorso presso un nosocomio dotato di terapia intensiva.
Sono stati, pertanto, rigettati gli appelli proposti dal marito, dai genitori e dal fratello della vittima. Alla luce della sentenza di appello, l’avvocato Salvatore Timpanaro si è dichiarato molto soddisfatto: “Per le due imputate è finito un incubo durato quasi dieci anni. Le disfunzioni della rete assistenziale e le criticità del sistema sanitario sono ora scritte, nero su bianco, in sentenze dell’autorità giudiziaria e nelle relazioni dei periti. Nonostante il reato fosse prescritto, la Corte di Appello ha ritenuto di entrare nel merito assolvendo entrambe le imputate. Le sentenze assolutorie – impongono una ineludibile riflessione sulla necessità di un reparto di rianimazione presso l’Ospedale di Nicosia”.