di Salvo La Porta

Era proprio bella Tinuzza; si faceva guardare anche da vecchia. Anche da vecchia si faceva guardare!

Riassumeva in sé tutti i canoni della bellezza senza canoni. Non era alta, ma era bella, affascinante, aveva un bel tono di voce, un bel paio di occhi ed…. una famiglia numerosa, alla quale dedicava gli sguardi più dolci e premurosi di quegli occhi, che parlavano.

Le mani, tuttavia, solo le mani….

Perché annoio con queste riflessioni quei pochissimi lettori, che si ostinano a leggermi?

Già, perché? Non saprei dirlo. So dirvi, però, che la sua immagine mi è apparsa stamattina chiarissima in ogni sua caratteristica. Con un po’ di fatica sono riuscito, persino a sentire riecheggiare il suono della voce; proprio con la sua lieve inflessione catanese.

Reduce dall’ennesimo contagio di Covid, seduto al tavolo di cucina con mia moglie Pina, mi sono fermato ad ascoltare un’intervista a Maurizio Vandelli.

Si. Proprio quello quello dell’Equipe 84, il quale rispondendo a non so quale domanda dell’intervistatrice, raccontava gli inizi della sua carriera e si inteneriva al pensiero dei polpastrelli, che gli si insanguinavano al contatto con le corde di una chitarra, che i genitori gli avevano comprato.

Quella avevano potuto comprargli, con quella avrebbe dovuto, se voleva, suonare. Traspariva, però, da quel racconto tutta la tenerezza e la gratitudine che, a volte tardi e senza avere più il modo di esprimerla, “soffriamo” verso quelli che ci hanno fatto del bene senza neppure accorgersene.

Vai a sapere perché, l’immagine di quelle dita insanguinate mi ha riportato all’immagine chiara, presente, viva, nitida e laboriosa delle mani di Tinuzza.

Ma si sa che i pensieri sono sempre in libera uscita; nessuno può decidere cosa pensare o sognare, alla stessa guisa in cui nessuno può imporci cosa e come pensare o sognare.

Con gli occhi socchiusi, quindi, mi sono lasciato prendere e cullare dai miei pensieri, trasformandoli quasi in sogno; “ un dolce filo misterioso, delizioso legame d’amore”, e afferravo quelle mani, che tentavano di sfuggirmi. Tozze e brutte erano a vedersi e non conoscevano la ricostruzione e la conservazione delle unghie.

Le stringevo alle mie quelle mani, che invano tentavano di nascondere i graffi e le ferite del duro, ingrato lavoro domestico e che pietra su pietra costruivano il Tempio della famiglia e che assumevano la sacralità delle mani della Madre di Dio.

Chi era Tinuzza? Era mia madre….