di Luana Ninfosi

Qual è la sua attività clinica prevalente e quali le tipologie di pazienti con cui più frequentemente si trova a contatto?

Sono Psicologa clinica e Musicoterapeuta, esperta in Psicomotricità.

Le tipologie di pazienti con cui più frequentemente mi trovo a contatto sono pazienti che presentano comportamenti problema o disagi per cui è necessario un intervento per la prevenzione, la diagnosi, attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno.

Cosa si intende con dipendenza e co-dipendenza affettiva?

Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo pensare alla dipendenza affettiva come un concetto dimensionale che si sviluppa tra due poli opposti:

Dipendenza: ricerca dell’altro, bisogno psicofisico incontrollabile, visto come unico regolatore del sé.

Indipendenza: condizione propria di chi è autonomo, libero da vincoli, di chi vede l’Altro come una minaccia alla propria integrità.

Quando queste due polarità, dipendenza- indipendenza, all’interno della relazione non sono compensate fra di loro, si può intravedere la deriva psicopatologica. La dipendenza affettiva è caratterizzata da una rigidità relazionale: l’individuo pensa ed agisce in modo “rigido”, tendendo a mettere in atto condotte che si ripetono in modo stereotipato e che richiedono una risposta altrettanto rigida da parte dell’interlocutore. Una particolare forma di dipendenza affettiva è la co-dipendenza. Una condizione multidimensionale che comprende varie forme di sofferenza o annullamento di sé, associati alla focalizzazione delle proprie attenzioni sui bisogni di un partner dipendente da sostanze o da attività.

Una relazione in cui c’è dipendenza affettiva è una relazione tossica. Tuttavia, a volte si ha l’impressione che ci siano modelli culturali che favoriscono rapporti disfunzionali, quali sono?

Gli individui si avvicinano gli uni agli altri in quello spazio condiviso e abitabile dove è possibile creare un legame affettivo. Nell’arco della nostra vita instauriamo differenti relazioni, strutturate con modalità che trovano  origine in un complesso intreccio di fattori biologici, culturali e affettivi. In una relazione sana, l’individuo è in grado di transitare tra questi due poli, lungo un continuum dove sono presenti diverse e modulate possibilità di risposta, nell’ambito di una reciprocità e scambio complementare di ruoli. Siamo continuamente esposti a modelli confusivi, ad esempio quelli presenti nelle fiction o nei programmi televisivi.

Manipolazione, narcisismo, personalità psicopatica può descriverci le differenze? Si può guarire?

Tenendo conto della presenza di modelli confusivi a cui siamo quotidianamente esposti, e della nostra personale dimensione relazionale, è possibile affermare che le dipendenze affettive si pongono in una posizione antitetica rispetto alle relazioni sane, caratterizzate da stili di risposta originali e flessibili. Spesso vengono utilizzati termini generalizzanti per descrivere personalità con tendenze patologiche ma con peculiarità specifiche. Se parliamo di manipolazione, si deve dapprima differenziare la tipologia; vi è la manipolazione psicologica o la manipolazione emotiva, descritta nei manuali o nella letteratura scientifica come una capacità finalizzata a cambiare la percezione o il comportamento degli altri usando schemi e metodi subdoli e ingannevoli che possono anche sfociare nell’abuso sia psicologico che fisico.

Il termine narcisismo, prende il nome dal disturbo narcisistico di personalità, descritto nel DSM-5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, è caratterizzato da un modello pervasivo di grandiosità, necessità di adulazione, e mancanza di empatia. La diagnosi avviene in base a criteri clinici. Dal punto di vista dei sistemi di classificazione internazionale dei disturbi mentali, il Disturbo Psicopatico di Personalità è stato incluso nella sezione III dei “Modelli Emergenti e Misure” del DSM 5 (APA, 2013). In letteratura e nella pratica clinica il Disturbo Psicopatico di Personalità (DPP)  viene a volte confuso con il Disturbo Antisociale di Personalità (DAP) e può accadere che i due termini vengano erratamente utilizzati come sinonimi. È importante invece mantenere distinti i due disturbi sul piano concettuale per le loro specificità e deficit, in modo da orientare in modo più efficace il trattamento. Pur avendo diversi punti di similarità, di cui il fondamentale è un pattern durevole di comportamenti antisociali che iniziano durante l’infanzia, il Disturbo Psicopatico di Personalità implica specifici e distintivi deficit emotivi e interpersonali. Più che di guarigione, è necessario parlare di adattamento, in quanto il paziente, attraverso il trattamento, lavora sull’alfabetizzazione, sul recupero e sul potenziamento delle funzioni socio-relazionali.

Molte/i in ambito sentimentale cadono in questa situazione, in maggioranza si tratta di donne. Prendere coscienza e consapevolezza (come e quando si ci rende conto), soprattutto quali sono i momenti più difficili che un terapeuta deve affrontare quando sta lavorando con una persona con dipendenza affettiva?

Facendo riferimento alla mia esperienza clinica, è una condizione clinica che riscontro in persone di entrambi i sessi, senza maggioranza di uno rispetto all’altro. Di solito la Dipendenza Affettiva porta avanti relazioni lunghe, ma altrettanto sofferte e insoddisfacenti. Ama la stabilità, l’immobilità nella relazione è rassicurante, anche se l’ombra del dubbio e della gelosia più o meno accentuata sono spettri con cui fare i conti. La consapevolezza d’avere un “problema” è il primo scoglio che va affrontato, ammettere che ci si trova invischiate in una relazione disfunzionale e prendersi le proprie responsabilità senza scaricare solo sul partner l’onere del fallimento.

Tuttavia il raggiungimento di una consapevolezza non garantisce che si possa arrivare a interrompere la relazione… tutt’altro, lo sforzo enorme consiste a questo punto nel voler raddrizzare ad ogni costo una situazione quando non esistono i presupposti. La dipendente affettiva non accetta di considerare il fatto che la relazione tossica che continua a chiamare “amore” è caratterizzata da una forte disuguaglianza di aspettative e di reciprocità. È sempre con l’ideale dell’altro che ci si relaziona, non con la reale persona…la cecità che caratterizza la relazione disfunzionale non consente di rimanere su di un piano di realtà, ma ci si nutre di quello che manca.

Ci da indicazioni su come una persona con dipendenza affettiva può uscirne?

Personalmente utilizzo un percorso di trattamento integrato, così da aiutare la persona a superare le condizioni di sofferenza legate a tale stato, in cui la coppia è vissuta come indispensabile e necessaria per la propria esistenza. Il trattamento della dipendenza affettiva mira a:

● Comprendere il proprio funzionamento, al fine di capire quale sia la motivazione sottostante la dipendenza.

● Modificare i legami di attaccamento insicuro e rielaborare le esperienze negative per permettere l’instaurarsi di legami significativi e soddisfacenti.

● Sviluppare l’assertività in modo che il dipendente affettivo possa pensare e manifestare i propri bisogni senza timore.

● Migliorare l’autostima e la sicurezza in se stessi, lavorando sui propri schemi.

Per uscire dalla dipendenza affettiva il primo passo è la consapevolezza del proprio funzionamento e dei propri schemi. Solo così è possibile intervenire nella relazione con l’altro. Chiedere aiuto può aiutare il paziente dipendente affettivo a riconoscere le complesse trappole cognitive ed emotive che lo conducono a sofferenza e infelicità e ritrovare un equilibrio psicofisico che gli/le consenta di tornare a stare bene con se stesso/o e con gli altri.