di Francesca Maria Germanà

Ci sono delle date che scavano un’insenatura dentro di te e vi rimangono arroccate per sempre. Nulla le cancella, anzi, capita che il caso ne ravvivi la memoria sovrapponendovi un avvenimento di intensità pari o superiore che rafforza le date stesse e le rende indelebili. Nel mio vissuto, accanto alle date stratificate dell’11 settembre, del 9 novembre, del 6 agosto, ora ci sarà anche quella del 10 agosto. La dipartita prematura di Michela Murgia si sovrappone a quella improvvisa della rondine, metafora del padre di Giovanni Pascoli. Avevo poco più di nove anni, frequentavo la quinta elementare e la Murgia sarebbe nata alla chiusura di quell’anno scolastico. Ho ancora davanti agli occhi la maestra che racconta, interpretandone il dolore, la poesia X Agosto di Pascoli. Mi immedesimai con i rondinini prima, con i figli orfani poi, immaginandone la drammaticità se un tale evento fosse successo nella mia famiglia. Pascoli è stato uno dei primi scrittori attraverso cui la letteratura ha cominciato a diventare parte di me. I motivi per cui l’elenco degli autori non trova fine nella mia voracità, sono molteplici. Michela Murgia ha inciso il suo nome in questo elenco, mentre si apprestava a ritirare il Premio Campiello 2010, quando alle parole di Bruno Vespa che la presentava come una lavoratrice precaria, Michela ha risposto che siamo tutti precari nella vita! Comprai subito Accabadora e lo lessi d’un fiato. Da siciliana che sono, trovai tanti particolari riconducibili agli ambienti e alle persone tra cui ho vissuto gli anni della mia infanzia. Non ho più smesso di apprezzare la Murgia nella sua originalità e poliedricità.

Qualche tempo fa ho scoperto la Michela social attraverso i post che mi leggeva o mandava mia figlia. Così ho vinto la reticenza verso i social e per poter leggere direttamente i suoi post ho aperto il mio profilo su Instagram. Troppo tardi. Solo pochi giorni dopo Michela è morta!

A maggio di quest’anno un viaggio a Matera, casuale, non programmato, mi ha portato a visitare il liceo in cui ha insegnato Pascoli, oggi museo. Soffermandomi sulla piazzetta che porta il nome del grande scrittore, non riuscivo a staccare lo sguardo dai meandri dei sassi, che non avendo subito alcuna modifica legata al progresso edilizio, rivelano gli ambienti sociali della Sicilia della mia infanzia. Oggi in cui il giorno della morte di Michela Murgia si è sovrapposto al X Agosto di Pascoli, riaffacciandomi col pensiero dalla balaustra della piazzetta Pascoli di Matera, vedo non solo la Sicilia della mia infanzia, ma anche gli scorci della Sardegna in cui è ambientato quel capolavoro che è Accabadora dell’immortale Murgia.