di Francesca Maria Germanà

In Italia la parola italiano indica sia il cittadino  che la lingua da lui parlata e coincide sia con il sostantivo che con l’aggettivo. In altre nazioni, per esempio in Germania, esistono due termini diversi per indicare nazionalità e lingua parlata e il sostantivo differisce dall’aggettivo. In queste ore in cui il mondo e l’Italia piangono un Italiano vero, Toto Cutugno, che con le sue canzoni melodiche ha ravvivato il prestigio di cui godono le tradizioni  italiane e la lingua italiana all’estero, vorrei soffermarmi proprio su quest’ultima. Toto Cutugno non seguiva le mode e sceglieva parole italiane semplici, chiare e conosciute con cui intarsiare i suoi testi. Così facendo i suoi messaggi arrivavano a tutti, bambini, giovani, anziani, stranieri. Succedeva che qualcuno decidesse di non ascoltarli o di criticarli, ma ciò non avveniva per scelta deliberata di Toto.

Cosa diversa invece accade quando autori di testi da cantare o destinati alla lettura e divulgatori televisivi e pubblicitari abusano di termini stranieri o gergali decidendo in modo solo apparentemente inconsapevole, di tagliare fuori diverse fasce di età. Tutto scorre senza ostacolo alcuno nei vari canali di trasmissione e quei critici che aborrivano la semplicità di Cutugno, non mi pare spendano altrettante energie contro l’uso eccessivo di parole e di esclamazioni straniere che non vengono capite da molti. Tra l’altro chi legittima l’uso di termini stranieri con l’economicità, spesso viene smentito, poiché a volte si è costretti alla traduzione e altre volte si usano entrambi i termini, come mi è capitato di sentire: abbiamo effettuato un check up di controllo… Non voglio qui scagliarmi contro l’inglese, lingua che amo e parlo in modo fluido, no, l’inglese non c’entra niente! Basta pensare che fino a qualche anno fa si ricorreva al francese per esprimere dei concetti per cui oggi usiamo l’inglese (équipe > team; brochure > flyer; boutique > store, solo per citare alcuni esempi!). Tra qualche anno chissà, magari ricorreremo alla lingua che in quel preciso momento futuro riterremo maggiormente prestigiosa (non azzardo alcuna ipotesi!). Il problema è che non siamo abbastanza innamorati della nostra lingua italiana.

Toto Cutugno lo era! L’italiano offre un’infinità di alternative, di sinonimi, che potrebbero facilitare l’esposizione dei nostri concetti, purtroppo spesso non li conosciamo, non cerchiamo le soluzioni nella nostra lingua e accettiamo i termini preconfezionati di altre lingue. Non solo, capita talvolta di scegliere  eccezionalmente, un termine italiano, ma esso non è quello giusto, perché non aiuta a sufficienza a mediare il messaggio. In quel caso ne dovremmo cercare uno più appropriato. Anche in questo Toto Cutugno era geniale! Altro che transizione ecologica che racchiude in sè l’idea del passaggio da una situazione a un’altra, ma che per noi italiani significa rimandare, ovvero: ci penserò domani. L’impareggiabile Toto diceva: voglio andare a vivere in campagna… voglio la rugiada che mi bagna… Parole italiane chiare, semplici, comprensibili da tutti e aggiungo io, facilmente attuabili, se solo lo volessimo senza tergiversare!