di Francesca Maria Germanà

Mentre le lacrime mi solcavano il viso, una carica di adrenalina spingeva dal basso, muovendo i muscoli delle labbra, che assumevano la forma di un sorriso. Al contempo le membra venivano irrorate da linfa energica, impavida, disinibita. Mi sono sentita pronta per agire, lottare, fare la mia parte. Non capita spesso di uscire dalla sala di un cinema o di un teatro e provare tali sensazioni. Il merito è tutto suo, di una donna, Paola Cortellesi, attrice, al debutto come regista col film C’è ancora domani. La scelta del  bianco e nero, la povertà, i riferimenti storici,  tradiscono il periodo temporale, ma i temi trattati sono senza tempo, i messaggi lanciati erano validi allora e sono validi oggi.

Basta sostituire gli abiti lisi di Delia, la protagonista, con un abbigliamento più curato e moderno, così come la casa in cui vive e l’arredamento, con un’abitazione più comoda e con mobili che soddisfino le cresciute esigenze di una società consumistica, e ci si accorge che le difficoltà della donna, sono le stesse. Nel campo lavorativo la donna deve faticare per vedere riconosciute le sue capacità e per conquistare ruoli di prestigio, ritenuti ancora prerogativa degli uomini. Esistono ancora casi in cui il salario delle donne è inferiore a quello degli uomini. E poi i fatti di cronaca, efferati, come l’ultimo della giovane Giulia, tutti con un denominatore comune, considerare la donna un oggetto da possedere, limitando il suo diritto di libertà. Con la scelta della sceneggiatura, del periodo storico, e del bianco e nero, Paola Cortellesi è riuscita a ri-velare, nel senso proprio del termine, di velare di nuovo, coprire con un velo, ciò che insidia la serenità e l’equilibrio delle donne, ancora oggi.

Non solo, applicando al cinema la tecnica propria del Teatro epico del grande drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, ovvero l’introduzione di canti, pezzi musicali, scene comiche, impedisce l’immedesimazione dello spettatore con il dramma dei personaggi, spingendolo a riflettere e ad agire. Infine, la grande regista, offre anche gli strumenti per capire, affrontare e risolvere il problema dell’inferiorità femminile, anche nella nostra società falsamente emancipata, falsamente moderna e falsamente libera. Grazie Paola!