di Francesca Maria Germanà

AGIRA – Da qualche giorno Agira, un paese arroccato sul monte Teja, al centro della Sicilia, è annoverato tra i borghi più belli d’Italia. Tutti gli abitanti del versante nord della provincia di Enna sono accompagnati dalla presenza unica e suggestiva di Agira durante i loro spostamenti giornalieri sul territorio. Da lontano, la sua forma piramidale spicca tra le vallate e colline circostanti, mentre l’Etna le fa compagnia alle sue spalle. Da vicino, cominciano a distinguersi le molteplici chiese, di grandezza e stili variegati, alcune con le cuspidi maiolicate, i cui colori vanno sempre bene col feuillage delle stagioni che si alternano.

Tutto l’anno Agira è avvolta dall’azzurro terso del cielo che valorizza il colore  della pietra arenaria con cui è stata costruita. Nelle sporadiche giornate uggiose, nebbiose o nevose paradossalmente il suo fascino aumenta, poiché le velature che non lasciano intravedere i contorni, le conferiscono un alito di mistero che la stacca dal tempo che scorre. Da qualche giorno, all’ingresso di Agira, oltre al cartello che ricorda il gemellaggio con Zebbug, una cittadina di Malta, un cartello con la scritta rossa la definisce uno dei borghi più belli d’Italia.

L’auspicio è che possa attirare l’attenzione dei molteplici viaggiatori frettolosi, risvegliando la loro curiosità, facendo loro imboccare la direzione verso l’interno del paese e non solo quella che porta all’autostrada. Scoprirebbero delle ricchezze che arricchirebbero gli animi diventati aridi per la monotonia e per l’omologazione degli interessi che li inonda. Nel giorno della festa, si sono succeduti eventi che hanno marcato a fuoco nella mente degli Agirini, l’importanza del prestigioso riconoscimento.

Eventi scelti scrupolosamente dall’amministrazione guidata dalla sindaca Maria Greco, come la presenza del cantautore, attore, cuntista ennese Mario Incudine, che con la sua musica e con le sue parole ha riacceso l’orgoglio di appartenere a una Sicilia diversa da quella che raccontano gli stereotipi. Dopo aver galvanizzato gli astanti, il musicista dall’energia inesauribile, ha fatto risuonare la sua voce sovvertendo il detto siciliano cu nesci arrinesci in cu resta arrinesci, trasformandolo in un invito a trovare tra i vicoli dei nostri paesi, tra le ricchezze paesaggistiche del nostro territorio, tra le tradizioni culturali della nostra gente le idee creative per cambiare rotta e raccontare di una Sicilia in cui i borghi si ripopolano e non si spopolano.