di Maria Rosa Emma

ENNA – Il protagonista di questo breve racconto di 59 pagine è un leonfortese novantenne dall’ottima memoria, recente e pregressa. Un uomo che ha sempre dedicato la sua vita alla “madre terra”. Un contadino, o meglio un “viddano” (così ama autodefinirsi). Un uomo, insomma, che non ha mai smesso di travagghiari, tramutando il lavoro in diletto.

“U travagghiu è un onore, chi non travaggghia non cunta nenti e nenti avi di cuntare”.

Il nome di quest’uomo è Russo Gesualdo, lui ci tiene ad anteporre il cognome  al nome come si faceva a scuola. Ha conseguito solo la terza elementare perché doveva lavorare, non c’era tempo per studiare. Possiede una piccola libreria con una ventina di libri, comprati in occasione dei pellegrinaggi organizzati dal prete, lui li hai letti tutti e il suo desiderio è di mettere su carta la sua umile vita. Si rivolge alla scrittrice, la bravissima Irene Varveri Nicoletti, che accoglie con affetto questa richiesta inoltrata a marzo del 2020 durante il primo lockdown da COVID-19, la clausura forzata subita da tutti in quel periodo.

Gesualdo è un maestro d’arte di “cufina” e di  “panara“, un’abilità piuttosto diffusa tra i contadini dell’entroterra siciliano. Quest’arte gli fu tramandata dal padre. “Per leggere ci vuole testa, come per altre cose, per non fare domande: perché si può avere a che fare (anche) con delinquenti e restare onesti“.
Irene racconta con un lessico molto ricercato, colto e nel contempo fluido e scorrevole una storia di un uomo semplice, poco istruito, onesto, ma come dice l’autrice: “Chi può non affermare se tra i vicoli, che come il ritmo cardiaco, pulsano di vera umanità, non si nasconda la storia, quella di piccole dimensioni ma grande per vitalità e intensità, quella che può rivelarsi la storia giusta, la storia da raccontare”.

“I sogni son desideri anche a novant’anni come a qualsiasi età un sogno merita di diventare realtà”.

Questo racconto di consente di conoscere un uomo umile, dalla vita semplice ma di grandi valori da cui poter attingere.