Intervista al segretario nazionale dell’ Udc e Presidente della Delegazione Parlamentare Italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO On. Lorenzo Cesa.

Potrebbe fornire una panoramica del contesto storico italiano negli anni ‘50 e spiegare come questo contesto abbia influenzato la decisione dell’Italia di aderire alla NATO?

La situazione di quegli anni in Italia era alquanto complicata: il nostro Paese alla fine della guerra versava in condizioni tutt’altro che ottimali, sia dal punto di vista economico che sociale. Nel frattempo, il nuovo governo, che si formò dopo le elezioni, doveva fare i conti con un’Europa divisa in due blocchi contrapposti, tra Paesi filo americani e filo sovietici. Proprio per questo motivo il nuovo governo, già direzionata verso una rotta più occidentale, guidato dalla Democrazia Cristiana ha ritenuto di vitale importanza l’alleanza con gli Stati Uniti per scongiurare il rischio di una nuova dittatura, questa volta comunista, e quindi per l’inserimento in un’alleanza difensiva.

Qual è stato il ruolo delle Forza Armate Italiane nel contribuire alla sicurezza transatlantica attraverso la NATO durante quel periodo? Ci sono operazioni specifiche o iniziative di cui vorrebbe parlare?

In quel periodo l’Italia doveva ancora riprendersi dagli orrori della guerra e dalle clausole restrittive dei trattati di pace. Il primo evento che la NATO dovette affrontare fu l’invasione della Corea Meridionale, ed è proprio in questa occasione che il nostro Paese ha ribadito la sua impossibilità a poter aiutare attivamente. Grazie ai contatti con gli Stati Uniti i vincoli si sono allentati e vi fu l’inserimento delle forze armate nazionali nel programma MDAP (Mutual Defence Assistance Programma) di aiuti militari americani.

Operazioni italiane:

 Iraq, Guerra del golfo,1991

 Albania, AFOR/MSU, 1999

 Bosnia Erzegovina, SFOR/MSU

 Iraq, NATO Training Mission, 2004-2011

 Kosovo, KFOR, 1999 in corso

L’Italia ospitava basi NATO durante gli anni ’50. Potrebbe condividere informazioni sulle basi e spiegare come abbiamo contribuito alla sicurezza della regione e alla cooperazione transatlantica?

La NATO in sé per sé non ha un proprio esercito e con la creazione delle Basi all’interno degli Stati Membri si può far fronte alla difesa collettiva. Vengono istituite proprio per poter far fronte a situazioni gravose. Le basi infatti furono fondamentali per esempio durante le operazioni in Bosnia Erzegovina, Serbia e Kosovo.

Comandi NATO:

 JFC Naples (Allied Joint Force Command Naples)

 NSDS-HUB (NATO Strategic Direction South Hub)

 NRDC ITA (NATO Headquarters Rapid Deployable Corps Italy)

La diplomazia italiana ha giocato un ruolo significativo all’interno dell’Alleanza. Potrebbe discutere il ruolo della diplomazia italiana nella formulazione delle politiche NATO e come ha contribuito alla cooperazione tra gli Stati Membri?

Sin dalle origini della NATO il nostro Paese ha sempre contribuito in maniera attiva per poter sviluppare la dimensione politica dell’Alleanza Atlantica. Un esempio di ciò fu il Comitato dei Tre Saggi presieduto da Gaetano Martino, all’epoca Ministro degli Esteri, insieme ai colleghi norvegese Halvard Lange e il canadese Lester Pearson, portando alla redazione del Rapporto sulla Cooperazione non-militare della NATO.

In che modo l’Italia ha partecipato alla cooperazione economica e politica transatlantica negli anni ’50 e come questo ha influito sulle relazioni internazionali dell’ Italia?

Il nostro Paese ha cercato, sin dalla adesione, di ritagliarsi uno spazio all’interno dell’Alleanza. Questo ha dato la possibilità all’Italia di procedere ad un pronto riarmo delle proprie Forze Armate e di svolgere un’azione di difesa del fianco sud, infatti il nostro Paese ricopre una posizione baricentrica all’interno del Mediterraneo. L’Italia contribuisce in maniera significativa al bilancio e alle operazioni NATO, assumendo anche ruoli di comando ed ospitando diversi Comandi NATO; rappresenta ad oggi un alleato chiave negli accordi della Condivisione Nucleare e contribuisce e promuove i processi di innovazione tecnologica.

Infine potrebbe condividere alcune riflessioni sulle lezioni apprese dalla partecipazione italiana alla NATO negli anni ’50 e come queste esperienze continuano a influenzare la politica estera e la sicurezza dell’Italia oggi?

Il nostro Paese ha sempre partecipato in maniera attiva, con affidabilità e responsabilità, sotto ogni punto di vista. Questo impegno economico, militare e anche per quanto riguarda gli assetti tecnologici offerti, ci ha fatto guadagnare un posto all’interno del Consiglio Atlantico come Alleato serio. L’assetto geopolitico si è evoluto e si è stravolto al tempo stesso. Ad oggi l’Alleanza si deve adattare alle nuove sfide e minacce, tenendo a mente il valore sostanziale della cooperazione tra NATO e Unione Europea.