di Adelina Cavaleri

LEONFORTE – Quella degli Altari di San Giuseppe a Leonforte è una tradizione che si tramanda da secoli. La tradizione vuole che le famiglie si riuniscano settimane prima e inizino a creare assieme tutti gli elementi che comporranno le tavole. In questi “Altari” vengono disposti con un preciso ordine gli alimenti della tradizione leonfortese, dal pane ai legumi, agli ortaggi alle verdure di campo, e del territorio. Queste tavolate, oltre ad avere un valore simbolico, hanno anche un valore affettivo che per le famiglie indica devozione, attaccamento alla tradizione, preghiera e (perché no?) anche avvicinamento o riavvicinamento tra le famiglie, colmando distanze spesso provocate da incomprensioni. Quest’anno gli altari erano circa venti sparsi per tutto il paese, e ognuno di essi aveva un numero di santi a cui è stato dedicato l’altare che andava da un numero minimo di tre sino a delle tavolate (quest’anno) di ventisette santi.

Federica La Rocca, energica accompagnatrice culturale della Pro Loco Leonforte, ci ha raccontato come vengono allestiti gli altari e i principali simboli in esso contenuti: “I lavori cominciano il primo venerdì del mese di marzo. Vengono raccolte le primizie e pulite tutte le verdure e la frutta, oltre a quella secca. Subito dopo viene creato il cielo, che rappresenta appunto il Paradiso e la discesa di Dio nelle case delle dei devoti. Si passa alla struttura della tavolata che è composta da diverse e grandezze che vanno dagli 8 ai 10 m. La cosa più importante sono i tre scalini che vanno a rappresentare la scala, che collega la vita ultraterrena con la vita terrena. Viene posto in alto il capezzale raffigurante San Giuseppe e al di sotto viene posto il crocifisso.

Ai piedi del crocifisso vengono messe delle ciotoline con la mollica che rappresenta la moltitudine del popolo. Ai lati vengono esposti dei candelabri fatti di pane e lavorati, che si rifanno alla tradizione cristiana. Sotto abbiamo la sfera e l’ostensorio, al cui lato di solito viene posto il bastone di san Giuseppe che la tradizione vuole rimanga alla padrona di casa. Sulla tavolata troviamo dal salato ai dolci. Ad esempio, le verdure amare che rappresentano appunto la passione di Cristo – oppure il pesce – perché siamo in periodo di Quaresima e quindi non si può trovare carne. Inizia così il “traffico”.

Sul tavolo vengono esposti i piatti e i bicchieri per il pranzo dei Santi, che avviene all’indomani, nel giorno di San Giuseppe. Le “cudurre” sono i pani che rappresentano non solo la vita del Santo ma anche in generale i protagonisti dell’altare, oltre a San Giuseppe. Solitamente sono Gesù, Giuseppe e Maria, ma non solo. La Trinità ritorna sempre.

Le tavolate partono da un minimo di 3 fino ad un massimo di 33 “santi”. I primi 13 diciamo che rappresentano l’ultima cena. Gli elementi che contraddistinguono i pani nella decorazione sono quelli che rappresentano la vita del santo. Ad esempio, nella “cuddura” di Gesù troviamo i simboli della passione quindi la croce, i chiodi, la tenaglia, e la corona con le spine. Nella cuddura di San Giuseppe troviamo gli elementi principali del suo lavoro: ovviamente il banco con i lavori del falegname, dell’umile, la coffa che è la sacca degli attrezzi. Tanti sono i simboli, ognuno a rappresentazione della vita dei santi”.

Tante le persone, arrivate da vari paesi della Sicilia, pullman di turisti, che hanno visitato gli “altari”, e tanti i prodotti distribuiti, dal pane ai legumi, dai cardi fritti alle polpette di verdure, finanche i dolci tradizionali, quali “sfinci e pignoccata”. Il tutto si conclude nella giornata del diciannove marzo con il pranzo dei santi.

Come dichiarato dal presidente della Pro Loco Leonforte José Trovato, “sono giornate lunghe e stancati, ma San Giuseppe a Leonforte è l’evento religioso più importante, che unisce le famiglie attorno a queste tavolate. Si adoperano per realizzare gli altari creando non solo momenti di collaborazione, ma anche di unione e convivialità. Per quanto riguarda il nostro altare, non smetterò mai di ringraziare la famiglia di Mario Cacciato, soprattutto sua mamma e sua sorella (ma non solo) che hanno svolto un lavoro enorme e lo hanno fatto egregiamente”.