di Francesca Maria Germanà

CATANIA – Compiva nove anni Goliarda Sapienza il 10 maggio 1933, quando nelle piazze delle città tedesche il fanatismo nazista ammassava i libri di filosofi, scrittori, poeti e accendeva roghi. Con quell’auto da fé i nazisti pensavano di cancellare la storia, la memoria, il libero pensiero. Non ci sono riusciti. Ieri, 10 maggio 2024, Goliarda avrebbe compiuto cento anni. Nel cuore di Catania c’era la storia con il Castello Ursino, c’era la natura con un imponente Ficus dai rami contorti in un abbraccio rassicurante, c’erano i libri, tanti, su bancarelle, panche, tavolini e tra le mani dei numerosi astanti di ogni età assiepati nella piazza Federico II di Svevia, nota ormai come piazza dei libri.

C’era il pensiero di Goliarda che fuoriusciva dalle pagine dei suoi libri grazie alla voce di lettrici volontarie, casuali, improvvisate. E poi c’erano due giovani artiste, un’attrice, Simona Adele Buscemi e una musicista, Maria Conticello. Non erano ancora nate quando Goliarda lasciò questo mondo nel 1996. Simona Adele ha scoperto la scrittrice durante i suoi studi universitari, paralleli a quelli teatrali e ha deciso di portare in scena le poesie di Goliarda. Il successo l’ha indotta ad aggiungere la musica alla lettura e così è cominciata la collaborazione con Maria. È nato, quindi, lo spettacolo di ieri sera Ancestrale – Omaggio a Goliarda Sapienza, dove l’interpretazione, i gesti, gli sguardi, la voce di Simona si fondevano con la voce e la musica di Maria, suggerendo le immagini della rena in riva al mare, delle case distrutte dalle bombe, dei lumini accesi nei bassi, dei Pupi di latta. Sì, perché Goliarda affronta temi duri nei suoi scritti, la prostituzione, i rapporti genitori- figli, le differenze sociali e la guerra.

Proprio quest’ultima ha offerto lo spunto a Simona per una riflessione sull’attualità, sull’attuale conflitto in Palestina, soffermandosi su un insegnamento di Goliarda, la capacità di dubitare su ciò che è giusto e cosa non lo è. Così viene fuori la straordinarietà della scrittrice catanese, che per volontà dei genitori, una sindacalista e un avvocato, non ha frequentato la scuola, sottraendosi all’indottrinamento dell’era fascista. Goliarda non sarebbe mai potuta diventare come quegli studenti che buttavano i libri nel rogo. Goliarda ha deciso di scriverli i libri, pur sapendo che la scrittura non le avrebbe dato alcuna sicurezza economica. Ora come allora non ci si arricchisce con la cultura, di questo ci hanno convinto, ma dopo aver visto chiedere il bis a due artiste che declamavano le poesie di Goliarda, forse è arrivato il momento di dubitare che la cultura non serva a nulla. Bisogna trovare un modo originale per trasmetterla e chissà che, parafrasando Archimede, non si possa un giorno dire: datemi un libro e cambierò il mondo!