di Martina Bascetta
PIAZZA ARMERINA – Appuntamento sabato 23 novembre con “Oltre il chador”, il racconto dei due anni in Iran trascorsi da Marcella Croce. L’evento, organizzato da CIF e Club Unesco presso la biblioteca comunale, vuol essere momento di riflessione sui crimini perpetrati dal potere politico di un intero stato. “Il 25 novembre è una giornata di riflessione sulle tante violenze che le donne subiscono in ogni parte del mondo. Accanto ai casi di violenza e femminicidio, purtroppo in netto aumento, come CIF abbiamo scelto di accendere i riflettori su quelli commessi dal potere politico di un intero stato, coinvolgendo la giornalista, Marcella Croce, che in Iran ha vissuto per ben due anni. E perché non siano solo parole, a livello nazionale, sosteniamo l’eroico movimento spontaneo delle donne iraniane ‘Donna, vita, libertà ‘“ racconta Lucia Giunta, presidente di CIF Piazza Armerina. Chador, imam e harem sono le parole- chiave per capire l’Iran di oggi, paese che è passato dal regime filo-occidentale dello Scià a quello della rivoluzione islamica di Khomeini, che ha
imposto una repubblica fondata sulla teocrazia islamica. Oggi l’Iran è sotto gli occhi del mondo per le molte tensioni politiche, dentro e fuori dai propri confini, e, in particolare, per la corsa al riarmo nucleare. Marcella Croce ha osservato con attenzione l’Iran, raccogliendo notizie di prima mano nel vasto territorio ancora ignoto che si stende “oltre il chador”. Come si sopravvive nella repubblica islamica? È piuttosto semplice. Anche i musulmani ferventi, finanche molti mullah, non amano affatto le imposizioni governative e scavano un abisso, più o meno profondo, fra il mondo della propria famiglia e la vita pubblica esterna in cui regna l’opportunismo. Le donne più spregiudicate vanno a vedere i defilé di moda, si truccano e hanno solo uno straccetto in testa; le più tradizionali indossano il chador nero più integrale e le studentesse di ogni scuola o università sono obbligate ad andare in giro coperte dalla testa ai piedi. Ogni episodio della vita è stato per l’autrice occasione per imparare a riconoscere le caratteristiche essenziali di questa splendida cultura, ma anche le aberrazioni della repubblica islamica che tiene vigile l’Occidente con le sue minacce.