di Luana Ninfosi
Davo per certo che oggi avrei visto un sacco di scene e passerelle, ipocrisie, parole costruite per un giorno, per solidarietà, per “sensibilizzare” contesti che sono in realtà , tanti muri di silenzio velato. Oggi è la giornata contro la violenza di genere, fine pena mai: andatelo a raccontare ai bambini, ragazzi, donne e uomini senza preferenze di religione, etnia e varie usanze popolari. Andatelo a dire alle famiglie che hanno perso figlie e figli, nipoti e alle amiche. Ditelo a chi scappa dal proprio Paese attraversando il mare per sfuggire alla guerra, alla fame e lo sfruttamento, allo stalking o a chi è costretto a sposare chi NON ama.
Ditelo a quel cane sull’autostrada e quello calciato ferito e senza né cibo né acqua. Ditelo a chi, usa e abusa di sostanze; a chi cade nei circoli viziosi. A chi vive incatenato. Ditelo a chi perde la propria casa, a chi resta solo, a chi non ha diritto di libertà né di cura, per l’incuria del genere umano. Chiamiamola indifferenza. Ditelo alle vittime di terrorismo, a chi esercita usura. Ditelo civilmente agli incivili. I muri si abbattono quotidianamente, non una volta all’anno. Ditelo in nome delle vittime di femminicidio, gridatelo forte che nessuno mai restituirà la vita dopo la morte, l’equilibrio dopo un trauma, perché ti segna per sempre.
Ditelo a tutti quei figli orfani per volere dell’odio in nome dell’amore, “l’onore” delle coppie che fingono di essere la famiglia del Mulino Bianco. Raccontatelo a chi vive nella violenza e a chi non può e non se ne uscirà mai senza perdere davvero qualcosa di importante: la vita, gli affetti. Raccontatelo a quelle mamme a cui non è concesso di essere tali, a chi per natura a chi per Legge, violandone un diritto fondamentale. Fatelo presente a chi entra in un percorso senza creare fratture, disillusioni, prelievi e/o allontanamenti anticostituzionali. Se volete “prevaricare” se volete “violare” fatelo così: Togliete con irruenza quei punti con un bisturi, scucite quelle labbra, scoprite quegli occhi e ascoltate, sentite, vedete oltre quello che si ferma all’apparenza e al costume.
A volte i peggiori si nascondono dietro persone apparentemente “sane”. Vi è mai capitato di sentire la parola “ri-vittimizzazione” o sopravvissuti? Al margine di un delitto che sia o meno grave, è grave a prescindere: le spaccature profonde di chi subisce fisicamente o psicologicamente un danno contro la sua persona o quella di un proprio affetto caro. Chissà come bisogna reagire e agire per avere compatibilità tra diritti e doveri, senza che questa critica del rivivere eventi o fatti traumatici non ci spezzi ancor di più. Chissà cosa si intende per parlare se poi, si resta soli. Chissà cosa bisogna fare per essere lasciati liberi senza il peso di un dolore, un’azione o conseguenze che non ledano più di quanto la propria pelle e il proprio spirito abbia dovuto sopportare. Parlatene a casa, nelle scuole, manifestate con interesse e cultura in piccole pillole quotidiane. Mettete i semi e crescetelo, curatelo e ricordatelo tutti i giorni per 365 giorni all’anno, in nome del popolo e dei cittadini tutti, in nome dell’umanità al perdono e alla compassione. Non solo oggi.