PALERMO – Il libro è dedicato al fotografo Giuseppe Leone. Il volume ospita sessanta immagini fotografiche firmate dall’artista siciliano. La pubblicazione è impreziosita da un’intervista al fotografo Ferdinando Scianna (Autore dell’immagine di copertina). Le pagine del libro svelano anche un inedito documento dattiloscritto firmato da Leonardo Sciascia nel 1978. Una pubblicazione che dedica una cura particolare alla veste grafica e ai materiali utilizzati, a cominciare dalla stessa rilegatura svizzera. Un’antica pratica artigianale che lascia intravedere le segnature che compongono il libro e consente l’apertura completa delle pagine per ammirare le immagini fotografiche.

Leone era nato a Ragusa il 24 dicembre del 1936. Aveva realizzato sessanta libri fotografici con testi firmati dai grandi autori della letteratura. I suoi scatti hanno guadagnato le copertine e le pagine dei giornali più prestigiosi. Nessun altro fotografo è riuscito a restituire una visione così ampia della Sicilia.  Grandi couturier come Dolce & Gabbana hanno utilizzato le sue immagini per le loro campagne pubblicitarie. A Ragusa, lembo estremo dell’Isola, venivano a intervistarlo le troupe della BBC per cercare di svelare una Sicilia che ormai albergava solo nei suoi fotogrammi.

Autore del libro è Concetto Prestifilippo, giornalista e saggista che con Leone ha collaborato per quasi quaranta anni. Il volume è pubblicato dall’editore Mimesis nella collana “Sguardi e visioni” diretta da Francesca Adamo (pag. 178, euro 22.00). Il libro sarà in libreria il 23 maggio 2025. La presentazione ufficiale nel corso del festival letterario “Una Marina di libri” che si terrà a Palermo il 7 giugno 2025 (Cantieri culturali della Zisa).

(Dall’intervista a Ferdinando Scianna):

«Peppino Leone è stato per tutta la vita un fotografo probo e, allo stesso tempo, un siciliano che più siciliano non si può. Il suo stesso carattere, come ha sottolineato Leonardo Sciascia, sembrava frutto di un’invenzione brancatiana. Leone ha avuto con la Sicilia una relazione quasi carnale, sanguigna, passionale. Peppino per tutta la vita ha avuto due grandi passioni: La Sicilia e le donne. Ma ha sempre scelto la fotografia come unico amore. La Sicilia è stata la sua forza ma, allo stesso tempo, ha rischiato di costituire un limite. Quella di restare è stata per lui una scelta consapevole e meditata».

«Il rispetto, l’ammirazione e l’amicizia per Sciascia è stato un grande privilegio. Ho grande nostalgia per quelle meravigliose adunanze in contrada Noce a Racalmuto. Pomeriggi straordinari di conversazioni uniche e irripetibili».

«È stato, senza alcun dubbio, un autore originale. Come me, ha avuto la ventura di nascere e operare in una piccola città siciliana. Nonostante questo, con passione e continua dedizione, è riuscito ad ampliare i suoi orizzonti e i suoi interessi».

«La nostra rivalità è stata solo presunta. Una pura invenzione. Di quelle contrapposizioni ammantate di leggenda che fanno gioco in certe redazioni e ravvivano il chiacchiericcio del mondo editoriale. In realtà, il nostro è stato un rapporto franco, privo di ogni infingimento».

Racalmuto 1982 – Ferdinando Scianna e Leonardo Sciascia (foto Giuseppe Leone)

Seguono alcuni brani dal libro: 

“Più invecchio e più le persone che ho conosciuto non ci sono più. E io non riesco a fare pace con nessuna di queste assenze. Allora che faccio? Scrivo. E allora scrivendo costringo queste persone, che si sono andate a cacciare in quell’aldilà senza il mio permesso, a essere di nuovo con me”.  Nelle parole dello scrittore Erri De Luca si annida il senso di questo libro. Giuseppe Leone è andato a cacciarsi in quell’aldilà senza permesso. Cosa possiamo fare? Scrivere. Costringendolo a essere ancora con noi.

Il titolo scelto “Giuseppe Leone, ovvero un sogno fatto in Sicilia”, è un ovvio rimando al “Candido“ di Leonardo Sciascia, una figura centrale nell’evoluzione artistica del fotografo ragusano. Fu un connubio artistico felicissimo. Licenziarono libri straordinari a partire da “La contea di Modica” (1983) fino a “Invenzione di una prefettura” (1987).

Leone assommava tutte le caratteristiche di ogni siciliano, financo le più abusate: brancatiano, bon vivant, solare, conviviale e loquace. Aveva realizzato sessanta libri fotografici con testi firmati dai grandi autori della letteratura. Nel corso di più di settanta anni di attività aveva percorso in lungo e largo l’Isola. Non c’è villaggio dell’entroterra o paesino della costa che non abbia fotografato, prima che uno dei due sparisse, per dirla con le parole dello scrittore Vincenzo Consolo.

Giunti a Ragusa, trovarlo era semplicissimo. Nel centro storico chiedevi informazioni e tutti rispondevano con un’esclamazione: “Ah, Peppino”, e indicavano il suo studio-galleria che troneggiava sulla salita di corso Vittorio Veneto a pochi metri dalla cattedrale di San Giovanni Battista, la chiesa dove fu maestro d’organo il padre.

Giuseppe Leone, come tutti i fuoriclasse, possedeva la giusta distanza. Come avrebbe scritto lo stesso Sciascia: “Ni muy atrás, ni muy adelante”. Né troppo oltre, né troppo distante. Un passo indietro e lo sguardo proiettato in avanti, vedeva prima senza essere visto. Teneva la macchina fotografica sul cuore e non perdeva mai l’inquadratura.

Leone affascinava tutti con i suoi aneddoti e incantava con le sue immagini. Viaggiare con lui era un continuo stupore. Ogni paese una comunità di artisti che lo attendeva. Ogni curva una sosta per uno scatto inedito. Ogni bivio una deviazione dalle strade di facile percorrenza. Conosceva ogni borgo, ogni contrada, ogni chiesa della Sicilia.

Leone da “siciliano di scoglio”, aveva deciso consapevolmente di non abbandonare l’Isola. Migliaia di chilometri e altrettanti scatti, percorrendo ogni dove dell’isola dell’incantamento. La Sicilia è stata la sua magnifica ossessione.

È stato un vero intellettuale di provincia senza mai essere provinciale. L’intento del libro è quello di rendere omaggio alla cultura che accomunava le città di provincia, anche le più remote. Erano popolate da pensatori irregolari, intellettuali contro. Vivevano e operavano in provincia, riuscendo a incidere e animare il dibattito culturale nazionale.

Lo avevano etichettato come il fotografo dei matrimoni. Utilizzando questa classificazione come una sorta di dispregiativo. Al contrario, lui era riuscito a trasformare questo necessario ripiego, dando vita a una cifra stilistica caratteristica e unica. Riuscì a rivoluzionare il linguaggio fotografico tradizionale. Gli sposi diventavano un escamotage, un pretesto per conferire al naturale fondale delle architetture barocche della sua Ragusa il ruolo di vero protagonista.

Leone è stato per tutta la vita un bracconiere di epifanie. Le sue immagini avevano la forza dell’incantamento. Fotogrammi talmente insoliti che sembravano essere il frutto di certi magismi, come operati da quelli che in Sicilia si chiamano magàri, maghi. Chiudendo queste pagine si ha la sensazione che esistano due Sicilie: quella caotica che quotidianamente osserviamo e quella poetica che Leone ha inquadrato nel suo mirino per settanta anni. La Sicilia di Leone è il luogo più raccontato, nelle pagine dei libri, nei fotogrammi delle pellicole cinematografiche. Ma le sue storie e i suoi personaggi continueranno ancora a esercitare un fascino particolare. La sua scomparsa lascia irrisolto un quesito che sembra accomunare tutti i grandi fotografi: quale sarà il destino del suo enorme archivio popolato da oltre cinquecentomila scatti? Provini, diapositive, negativi, stampe che testimoniano la trasformazione epocale della Sicilia.

Al lettore che sfoglia i suoi primi libri si dispiega un carosello infinito. Pescatori e scialuppe tirate a riva, spiagge, promontori, strade di campagna popolate da un’umanità di gentile aspetto, luoghi ancora non invasi dai rifiuti e dagli scempi edilizi. Città viste dall’alto che sembrano delineare figure a merletto, strutture urbanistiche che tradiscono un antico ordine spaziale. Muretti a secco delimitano altipiani che sembrano realizzati per l’obiettivo del fotografo. Edicole votive che conferiscono sacralità al paesaggio. Bambini in fila indiana con le loro misere cartelle scolastiche. Cavalcature stanche con i contadini in groppa che agognano il ritorno. Bagli di masserie lastricati da pietre disposte in riquadri, come una scacchiera. Processioni religiose con il prete in stola e occhialini metallici, la banda musicale e i carabinieri con la bandoliera.  Fiumare armoniose, non violate dove i bambini fanno il bagno mentre le madri sono intente a lavare i panni. Cavalli al pascolo sotto le fronde di immensi carrubi. Pastori e greggi. Contadini intabarrati in pesanti pastrani si inerpicano per trazzere tortuose. Antiche necropoli. Uomini e donne che vivono in strada: ciabattini, ricamatrici, contadini, falegnami. Tutti fuori casa a cercare refrigerio nelle assolate estati siciliane. Le sedie in cerchio davanti al circolo nella grande piazza a fare civile conversazione. Suorine che fanno la ruota sorridendo con candida ingenuità. Feste religiose partecipate in un’esplosione di allegria. Confrates incappucciati nelle processioni della Settimana Santa.

Questo volume è dedicato a un artista che, per tutta la vita, ha inseguito un obiettivo: dare vita ai sogni.

(Brani tratti dal testo di Concetto Prestifilippo)

Ragusa 2022.
Giuseppe Leone nel suo studio
(foto Carmelo Nigrelli)