di Josè Trovato
ROMA – Un concorso pubblico è una competizione, certo, ma quando a bando sono 400 posti la tentazione di “accontentarsi”, per così dire, di un buon trecentonovantanovesimo posto, può già bastare a chiunque. Eccome. Solo che il giovane nicosiano Ettore Timpanaro, figlio d’arte – suo papà è l’avvocato Salvatore Timpanaro, tra i più quotati e di successo dell’intero foro ennese – è praticamente cresciuto con la toga addosso. Ha letteralmente polverizzato ogni possibile rivale.
Primo in Italia. La notizia era già trapelata, ma solo adesso, precisamente il 16 luglio scorso, da via Arenula sono finite le verifiche e la graduatoria è diventata definitiva. Adesso passa al Csm per gli atti di competenza, ma è praticamente una formalità. Al primo in Italia spetta il privilegio di poter decidere la sua sede di competenza. Giovanissimo magistrato, in pratica, potrà andare ovunque. E per il momento la sua scelta non è nota.
Al quarto posto, semmai, lo è solo in ordine cronologico, dato che è nato nel 1996. Quarto magistrato della “scuola” di Nicosia. Prima di lui ci fu Vincenzo Alessi, giudice a Palermo, che concluse la carriera in Cassazione; Nenè Rizzo, divenuto giudice negli anni ’50, poi sostituto procuratore generale a Catania e infine, intrapresa la carriera politica, deputato regionale e Senatore della Repubblica; e Maria Carmela Giannazzo, diventata giudice nei primi anni ’80 e attualmente presidente di sezione presso la Corte d’Appello di Caltanissetta.
Il giovane giudice Timpanaro è nato nel 1996 e vanta un curriculum accademico e professionale di eccellenza. Diplomato a pieni voti al liceo classico Fratelli Testa di Nicosia e laureato in giurisprudenza con tanto di lode a Catania e Utrecht, ha svolto anche una esperienza di studio, in diritto della Comunità Europea, nella prestigiosa università di Leuven a Bruxelles, in Belgio. È stato primo agli esami di abilitazione forense presso la Corte d’Appello di Caltanissetta e vincitore della “Toga d’oro” da parte dell’Ordine degli Avvocati di Enna. Dismetterà, ora, la toga di avvocato per indossare quella di giudice.