di Irene Varveri Nicoletti

Aci Castello (CT), 19 Ottobre 2025 – Pubblico attento e partecipe al Teatro Grotta Smeralda di Aci Castello per l’attesa anteprima siciliana de “La forma delle cose” (The Shape of Things) di Neil LaBute, messa in scena dal Collettivo Quarta Parete con la regia di Sergio Campisi. Tra gli spettatori anche una presenza calorosa di leonfortesi, venuti a sostenere il giovane attore Giuseppe Oriti a dimostrazione di un affetto tangibile che ha accompagnato il suo debutto coraggioso.

La forma delle cose” è piaciuto. Lo si è capito subito dal silenzio intenso che sosteneva ogni scena e dagli applausi che arrivavano puntuali a chiusura di ogni quadro e che hanno sugellato nel finale la serata con quelli più lunghi di consenso. Abbiamo goduto di uno spettacolo che costringe a pensare, che non concede scorciatoie emotive, che mette il pubblico di fronte alla realtà e alla verità dell’arte nella sua componete prismatica, costringendolo a interrogarsi. Fino a dove si può spingere il concetto di arte? Dove inizia la creazione e dove finisce la manipolazione?

Domande che risuonano lungo tutta la rappresentazione, costruita per quadri successivi, come in un film – e non a caso, visto che LaBute è anche sceneggiatore e regista cinematografico – fino alla conclusione, spiazzante e sospesa, che lascia la sala nel silenzio. Un silenzio che non si rivela chiusura, ma spiraglio di speranza su un non detto – o meglio un non udito dallo spettatore – ossia su ciò che resta possibile anche quando tutto sembra dissolversi.

Bravi tutti gli interpreti, capaci di restituire la tensione e l’ambiguità di un testo che vive di sfumature.

Amedeo Amoroso è un Adam credibile e intenso, Maria Chiara Paternò dà forza e provocazione a una Evelyn spregiudicata, Cecilia Intorre regala freschezza e naturalezza, mentre Giuseppe Oriti costruisce un personaggio che restituisce l’idea dell’americano giovane, diretto, a tratti spaccone, simbolo di una certa superficialità contemporanea e della rapidità con cui oggi si scelgono le strade, le parole, i sentimenti. Si percepisce in scena una vera coralità, segno di un lavoro di gruppo coeso e consapevole, dove ogni gesto e ogni pausa trovano senso nel tutto. Un plauso particolare va alla giovanissima attrice del cast, capace di sostenere il ritmo e l’intensità con sorprendente maturità.

Le musiche originali firmate dal pianista torinese Gabriele Rossi, già noto al pubblico televisivo, sposano perfettamente il testo e si integrano con la struttura drammaturgica, accompagnando e amplificando con le note di pianoforte le tensioni emotive senza mai sovrastarle. Una colonna sonora che diventa parte integrante della regia, dialogando con i cambi di scena con equilibrio e precisione, che fa da contrappunto alle parti prive di accompagnamento musicale.

Azzeccata, pertanto, la scelta registica di Sergio Campisi, che con cura e dopo una lunga ricerca ha vagliato un testo complesso e poco rappresentato, restituendogli una nuova vitalità scenica.

LaBute, con la sua impronta profondamente americana, torna così a parlarci – oggi più che mai – del potere dell’immagine, della fragilità delle relazioni e della manipolazione come linguaggio sociale. 

Campisi riesce a mantenere il ritmo e la tensione narrativa, bilanciando l’introspezione e l’apparente lentezza dell’azione scenica con il dinamismo visivo, grazie anche ai corti cinematografici firmati da Riccardo Vinciguerra, che ampliano lo spazio emotivo dello spettacolo.

La forma delle cose” aveva già avuto modo di mostrarsi in un estratto al Premio Nazionale Città di Leonforte, nell’ambito della 42ª edizione, durante una residenza teatrale che ne aveva anticipato le potenzialità. Ora, con questo debutto, il Collettivo Quarta Parete conferma di avere tra le mani un progetto solido, coraggioso e contemporaneo. Un percorso che unisce passione, ricerca e la voglia di raccontare il presente attraverso le sue contraddizioni. Perché, in fondo, la forma delle cose è quella che ciascuno di noi sceglie di dare al mondo che guarda e a ciò che decide di vedere davvero.