di Irene Varveri Nicoletti
La vittoria del trentaquattrenne Zohran Mamdani, nuovo sindaco di New York City, segna un passaggio epocale nella politica globale. Per la prima volta una delle metropoli più ricche e simboliche del capitalismo mondiale sceglie di farsi guidare da un politico che non teme di dichiararsi socialista democratico, di origini africane e asiatiche, di fede musulmana e figlio di immigrati. È una rivoluzione culturale e politica: la città che rappresenta da decenni la vetrina del neoliberismo finanziario ha deciso di premiare una visione fondata su giustizia sociale, redistribuzione e diritto alla casa.
Mamdani ha sconfitto l’establishment del suo stesso partito, dimostrando che diversità e onestà ideologica possono ancora vincere. Il suo messaggio è diretto, quasi disarmante: affrontare il carovita e la precarietà abitativa non con misure tampone o soluzioni di facciata, ma intervenendo alla radice delle disuguaglianze economiche. Il suo programma politico propone una tassazione più alta sui grandi patrimoni, un controllo diretto dei canoni di locazione, investimenti massicci nell’edilizia popolare e l’ampliamento dei servizi pubblici essenziali, dal trasporto all’energia, intesi come beni comuni e non come merci.
Il significato di questa vittoria travalica i confini americani. A livello globale, l’elezione di Mamdani rappresenta un segnale preciso: le città, per decenni terreno privilegiato della speculazione immobiliare e della finanza, possono tornare a essere luoghi di cittadinanza e di uguaglianza. E quando una metropoli come New Yorkdecide di affidarsi a un sindaco che parla di redistribuzione e di tassazione progressiva, il messaggio che raggiunge ogni angolo del mondo è chiaro: il modello dominante può essere messo in discussione.
Infatti, le metropoli nostranevivono tensioni simili: il costo della vita e degli affitti ha raggiunto livelli tali da escludere intere fasce sociali. A Milano, in particolare, i canoni di locazione assorbono più del 40% del reddito medio di un lavoratore, trasformando l’abitazione in un privilegio e non in un diritto. Il mercato immobiliare, trainato dalla rendita turistica, sta cambiando la mappa sociale delle città: vivere in centro è ormai un privilegio di chi ha redditi più alti.
La politica italiana ha tentato di reagire con misure fiscali e burocratiche: tasse più alte sugli affitti brevi, codici identificativi nazionali, controlli maggiori sulla locazione multipla. Ma si tratta di tentativi parziali, più simili a un rattoppo che a un piano organico. L’approccio di Mamdani, invece, non si limita a regolamentare, ma punta a riequilibrare il rapporto tra mercato e cittadino.
In questa prospettiva, la sua elezione assume un valore simbolico mondiale: New York sceglie di rimettere al centro la dignità sociale. È un atto politico ma anche culturale, è soprattutto una risposta a decenni di retorica che ha identificato la ricchezza individuale come motore del progresso collettivo.
Naturalmente le difficoltà per Mamdaninon mancheranno. Le prime reazioni avverse sono già arrivate, a partire da quella delpresidente Donald Trump, che ha definito il neosindacoun comunista pazzo, minacciando di tagliare i fondi federali alla sua amministrazione. Ma la risposta, destinata a entrare nei manuali di comunicazione politica, è stata tanto semplice quanto potente: “So che stai guardando, Trump. Ho quattro parole per te: alza il volume.” Non solo una dichiarazione di intenti, ma una vera e propria filosofia di governo: non abbassare la voce di fronte alla disuguaglianza e non piegarsi alle intimidazioni del potere economico.
Ed è proprio qui che si gioca la partita.Le risorse per costruire una società più equa esistono, ma non devono essere i cittadini a pagare il prezzo del sistema, semmai i grandi patrimoni che da quel sistema traggono vantaggio. È un’idea che, se attuata con successo a New York, potrebbe ispirareun cambio di prospettiva anche in Italia e in Sicilia in particolare dove si sognano le grandi opere e si dimenticano le strade e le infrastrutture di ogni giorno.
L’elezione di Zohran Mamdani è dunque un segnale positivoe una sorta di chiamata collettiva a immaginare un’idea di prosperità non solo sulla crescita ma sulla dignità sociale. Ed è significativo che il giovane socialista democratico appartenga alla generazione Z, la stessa che più di tutte che vive la precarietà sulle proprie spalle ma che sceglie comunque la politica come strumento di cambiamento.



