di Salvo La Porta
E’ bastato che il Segretario di Stato vaticano presentasse all’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede una memoria verbale sul famigerato decreto Zan, perchè (per dirla con Turiddu Furnu) si scatenasse un vespasiano.
Che cosa è successo? La Santa Sede, uno Stato sovrano che mantiene regolari rapporti diplomatici con la Repubblica Italiana, avendo avuto notizia che il Parlamento italiano si appresta a votare una legge che, a suo avviso, potrebbe mettere a rischio la piena libertà della Chiesa Cattolica, ha chiesto di rimodularne il testo.
La richiesta, al di là del contenuto del decreto, si palesa legittima e in linea con qualsivoglia logica diplomatica.
Uno Stato, ripetiamo sovrano e libero, ha tutto il diritto di esprimere le proprie perplessità, sino ad arrivare al disappunto, se ritiene che in un altro Stato, libero e sovrano anche quello, si stia operando in maniera tale da provocare un danno ai suoi interessi, siano essi materiali, che morali o etici.
Ha tutto il diritto ( e non farlo sarebbe rinunziare alla sua propria esistenza ed annichilirsi negli inutili riti delle pomposità diplomatiche) di dire che una legge di un altro Stato, con il quale si intrattengono rapporti, desta preoccupazione e che non può essere condivisa, perchè in contrasto con le sue basilari norme di vita.
Ma l’Italia, purtroppo, risente del complesso di inferiorità nei confronti del Vaticano, al quale guarda sempre di sottecchi e mai a viso aperto, cercando di trarre il massimo profitto elettorale con il minimo dello sforzo politico.
Tanto guarda di sottecchi che, mentre si affanna a reclamare l’indipendenza dello Stato, riconosce alla Chiesa Cattolica un’implicita supremazia, rivendicando la Sua laicità, a fronte di quella che più opportunamente dovrebbe essere detta aconfessionalità.
Sarebbe interessante scoprire quale sarebbe stata la reazione di tutte le vestàli della laicità dello Stato, se un rilievo molto garbato come quello mosso dal Vaticano, fosse stato messo in essere dalla Repubblica di San Marino, per il tramite del suo ambasciatore presso la nostra Repubblica.
Io non ho letto il testo del decreto in questione, da quello che sono riuscito a percepire, però, mi inquieta troppo per poterlo esaminare in piena libertà di pensiero; ma, presto o tardi, dovrò farlo.
Intanto, non mi resta che esprimere il mio apprezzamento alla Chiesa Cattolica, per avere alla fine avuto il coraggio di esprimere liberamente, e garbatamente, il suo pensiero e ricordare a me stesso, e a quanti lo avessero dimenticato, che a nessuno può essere impedita la professione della sua libertà di opinione.
Un ultima considerazione rivolta a chi orecchie per intendere, l’apprezzamento per un’Istituzione non può essere elastico come la pelle dei coglioni, ma serio e rispettoso, indipendentemente dai nostri contingenti interessi.