LEONFORTE- “La notte dell’ ultima sigaretta (Colloquio notturno con un uomo disprezzato)” della compagnia teatrale “le partenze intelligenti” di Roma è l’ultima opera in concorso  in piazzale Immacolata per il cartellone della sezione teatro del premio nazionale “città di Leonforte” che si chiude il 9 settembre alle 21 (ingresso con biglietto popolare).

La formula della quarantesima edizione del premio “Città di Leonforte” patrocinato e fortemente voluto dall’amministrazione comunale guidata dal sindaco Piero Livolsi, con il sostegno dell’assessore alla cultura Sabrina La Ferrara e che  ha la direzione artistica di Sandro Rossino e l’organizzazione tecnica di Andrea Favazza presidente della compagnia teatrale “Il Canovaccio” partner della manifestazione prevede  che  pubblico voti lo spettacolo di miglior gradimento  oltre alla giuria tecnica composta da Walter Amorelli (presidente) organizzatore ed impresario  assieme ad  Andrea Trovato  attore e regista, Carmela Buffa Calleo attrice e vocal coach, Lavinia D’Agostino giornalista e critico teatrale, Pietro Ristagno regista ed autore, Sabrina La Ferrara assessore del comune di Leonforte. che attribuirà i riconoscimenti che verranno svelati durante la cerimonia di premiazione del 10 settembre.

“ La notte dell’ultima sigaretta (Colloquio notturno con un uomo disprezzato)” di Friedrich Dürrenmatt per la  regia e adattamento di Alessio Pinto con Antonio Conte e Alessandro Giova della compagnia teatrale “Le Partenze intelligenti” di Roma fu scritto nel 1951 come radiodramma da Friedrich Dürrenmatt. L’opera  tratta un tema molto caro all’autore, quello legato alla chiusura alla cultura e alle mille insidiose strade che prende il potere, in ogni sua forma. Originariamente scritto ambientandolo nel periodo della Seconda guerra mondiale, l’adattamento teatrale di Alessio Pinto lo edulcora in alcune parti e lo rende quello che tutte le grandi scritture sono; opere senza tempo.

Ambientato in un non-tempo, questo colloquio notturno parte dal concetto “che non ci sono poteri buoni” (come diceva De André in “Nella mia ora di libertà”) e che “bisogna farne di strada da una ginnastica di obbedienza, fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza”. Quella violenza adoperata nei confronti della cultura, del pensiero differente, dell’apertura delle proprie menti da parte di un potere che ci inghiotte al più piccolo vagito di libertà personale e non.

Il potere qui è rappresentato dalla figura del Boia di Stato, che ne è solamente l’apice, la mano che impugna la falce, la mano armata che si scaglia contro uno scrittore, un pensatore libero, che riceve la sua visita notturna difendendosi con le sole armi che ha: le sue parole.

Sorprendentemente trova nella figura del Boia un uomo, un uomo senza scelta, un reietto che davanti ai potenti ha chinato la testa per sopravvivere; come molti, anche al giorno d’oggi, incapaci di comprendere che potere vuole potere, anche quello fatto di piccoli e miseri abusi e che senza la cultura non si fa che alimentare l’enorme vasca dell’indifferenza e della corruzione.