Era il 1225 quando Francesco d’Assisi, malato e quasi cieco, compose il Cantico delle Creature, il primo testo poetico in volgare che avrebbe segnato la storia della nostra lingua e della spiritualità cristiana. Lodava Dio attraverso il sole, la luna, l’acqua, la terra, perfino la morte, riconoscendo in ogni elemento un fratello o una sorella. Ottocento anni dopo, il messaggio di quel testo continua a parlare al nostro tempo, e le celebrazioni che in questo 2025 attraversano Assisi e tanti luoghi francescani sono l’occasione per rileggere la sua attualità. Lo stesso spirito che animava Francesco è tornato a farsi vivo nelle parole di un’altra voce cristiana, quella del cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, che di fronte al conflitto in corso in Terra Santa ha denunciato con forza l’uso indiscriminato della violenza e la tragedia umanitaria in atto a Gaza, definendo “moralmente inaccettabile” la privazione di cibo, acqua e medicine per migliaia di civili innocenti. Ha ammonito che Israele si percepisce come unica vittima, senza avere una visione lucida del futuro, e che persino se la guerra finisse oggi resterebbero odio e rancore a pesare sulle generazioni. Con parole dure, ha descritto i palestinesi come gli “zingari del Medio Oriente”, popolo costretto a vivere nell’insicurezza e nell’esclusione, ma ha anche ribadito che la Chiesa non abbandonerà Gaza: sacerdoti e religiose resteranno accanto alla popolazione, una scelta che Pizzaballa ha definito una “denuncia politica” della violenza.
Il messaggio del Patriarca si intreccia con quello di Francesco: entrambi ricordano che la forza non porta futuro, ma che solo giustizia e mitezza possono ricostruire un tessuto di umanità. E questo vale non solo per la Terra Santa, ma per il mondo intero, perché ogni violenza genera altra violenza e nessuna giustificazione religiosa o politica può rendere accettabile la morte di innocenti. Per questo è fondamentale distinguere tra antisemitismo e sionismo: il primo è una piaga che colpisce la dignità del popolo ebraico e che va condannata senza esitazioni, mentre il secondo è un’ideologia politica legata alla nascita e allo sviluppo dello Stato di Israele, che non può essere confuso con la fede e la cultura ebraica. Condannare le politiche ingiuste di uno Stato non significa mai legittimare l’odio verso un popolo, e allo stesso modo nessun attentato o atto terroristico può essere giustificato come risposta. L’attacco di ieri a Manchester, fuori da una sinagoga, è un segno drammatico di quanto l’antisemitismo continui a serpeggiare e a colpire persone innocenti: una violenza che va respinta con la stessa fermezza con cui si condanna la repressione indiscriminata a Gaza.
Dall’Assisi del XIII secolo alla Gerusalemme ferita di oggi, il filo è lo stesso: Francesco e Pizzaballa ci ricordano che la fraternità è l’unica via che tiene insieme l’uomo, la terra e Dio. Il Cantico delle Creature non è un monumento letterario da celebrare, ma una voce che continua a interpellarci: lodare il creato significa custodirlo, riconoscere dignità ad ogni persona, costruire ponti laddove altri vogliono erigere muri. Ottocento anni dopo, il Cantico non è un ricordo del passato, ma un appello al presente. Sta a noi decidere se ascoltarlo.
Irene Varveri Nicoletti