Se avessimo la possibilità di realizzare un desiderio, uno soltanto per cambiare un aspetto della nostra vita che non va come vorremmo, che cosa cambieremmo? Come cambiare ciò che non va?
Nella prima parte della vita molte persone passano il loro tempo a lottare per cercare di cambiare le cose che non vanno bene, ad esempio cambiare delle cose che gli altri pensano di loro o alle manovre economiche, alle relazioni interpersonali… Di solito la maggior parte delle persone per portare il cambiamento utilizzano tre tipi di strategie, che se si utilizzano in modo adeguato e a piccole dosi potrebbero anche dare qualche beneficio, ma nella maggior parte dei casi succede che diventano gli unici assi nella manica da utilizzare per affrontare il cambiamento e le inquietudini della vita. Queste strategie se utilizzate in modo rigido nella maggior parte dei casi non danno nessuna soluzione e finiscono nel tener in vita le difficoltà e rifiutate il cambiamento.
Le tre strategie possono essere:

  • Affliggersi: la maggior parte delle persone nella propria quotidianità rimangono intrappolate nelle continue preoccupazioni dando maggiore spazio mentale al problema e non a come agire per affrontarlo, portando a una situazione di paralisi che ipnotizza  e si espande a macchia d’olio. Perché affliggersi è una grande tentazione in quanto con un minimo sforzo si può ottenere un grande risultato, rivestire il ruolo della “Vittima”, che va ascoltato, consolato e aiutato…
  • Imporre il proprio bisogno: altra strategia molto gettonata quando una situazione veste stretta è quella di imporsi, cioè imporre il proprio bisogno. Dietro questa strategia c’è un fattore culturale crescente in base al quale se abbiamo qualcosa che non ci va bene è sufficiente cambiarlo, possiamo manipolarlo a nostro piacimento. Il contesto all’interno del quale emerge questa strategia in maniera rilevante sono soprattutto nelle relazioni interpersonali, dove si vive un braccio di ferro continuo e logorante, che inizia sempre con la stessa parola strategica “TU”, in quanto puntando il dito verso l’altro si cerca di dimostrare tutta l’inadeguatezza dell’altro, al fine di dimostrare ed evidenziare tutti i problemi, dove l’altro dovrebbe porre rimedio per restituire la felicità che è stata portata via. Ma in realtà questo modo di agire e pensare difficilmente riuscirà a cambiare qualcosa nella relazione anzi al posto di sciogliere i nodi si rischia di irrigidirli e appesantirli. Quindi pensare di imporre il proprio bisogno con l’aspettativa che l’altro si modifichi di conseguenza si potrebbe finire di vivere una vita piena di resistenze e di ostilità.
  • Soffocare i propri bisogni: un’altra strategia è far finta che i problemi non ci siano, come uno struzzo che mette la testa sotto terra, spesso dietro questo agire e modo di fare c’è la paura, il timore di affrontare il conflitto che emergerebbe quando è il momento di dimostrare i propri bisogni… Allora che si fa?  Facile, li soffochiamo per il bene comune, ma questa modalità di non prendere mai una posizione non aiuta a definire una propria identità, vivendo nella mercé dei bisogni altrui.

Queste possono essere delle strategie perverse che spingono a rifiutare il cambiamento, restando intrappolati in una vita inappagante e colpevolizzando, senza rendersene conto, proprio chi si ha paura di ferire. Quindi bisognerebbe ricordare a se stessi che cambiare non è una colpa, mentre fingere di essere ciò che non si è equivale a mentire a se stessi e agli altri. Quindi si deve cercare di non mettere in ombra l’ascolto interiore, cioè bisognerebbe investire energie e tempo all’introspezione, evidenziando nei particolari i cambiamenti che si percepiscono necessari per riuscire a trasformali in realtà, certo che tutto ciò risiede in un passaggio delicato, dove si può essere più sensibili alle pressioni di amici, familiari, colleghi e ai giudizi di chi non accetta il cambiamento. Infine occorre isolare il rumore di fondo delle opinioni altrui e rafforzare il dialogo con se stessi.  Una crescita costruttiva parte dall’osservazione attenta e calma delle emozioni che emergono e si provano giorno per giorno e che non devono tradursi necessariamente in una decisione immediata. Ragione e saggezza non sempre vanno di pari passo, ci vuole tempo perché il processo di mutamento si avvii, iniziando da scelte che possono non sembrare significative al momento, ma che alla lunga rivelano la loro vera portata.
*Psicologo Clinico