di Salvo La Porta

Puntualissimi, più puntuali di una cambiale, arrivano i comunicati di Totò Puglisi.
Non sono i soliti comunicati promozionali; rappresentano il grido di dolore di quanti nel nostro martoriato territorio si interstardiscono a scommettersi, per mantenere vivo un barlume di speranza in chi non si rassegna ad abbandonare una terra, che è oramai diventata arida e spoglia di qualsiasi aspettativa.
Una terra che spesso, compiacendoci a torto, chiamiamo matrigna, nascondendo a noi stessi ( e accampando pietose e pretestuose giustificazioni con gli altri ) l’incapacità di leggere i tempi, di sognare, di programmare, di rischiare.
Una terra, tradita, insultata, vilipesa, disprezzata da quelli che dovrebbero essere, in realtà, figli devoti, premurosi, attenti.
Figliastri privi di qualsiasi tenerezza, rancorosi, ignoranti, pronti a spartisi vergognosamente le ultime misere sostanze di una madre, che hanno contribuito a ridurre sul lastrico.
Figliastri che, nonostante tutto, si affannano a cercare con il lanternino un posticino, anche il più umile, rinunziando a sognare per se stessi e per i loro figli.
Intanto, i paesi si svuotano, le case si abbandonano, si diroccano, le strade sono deserte, punteggiate qua e là di giovani che stancamente bivaccano, incosci di strozzare nei bar o nei circolini i sogni della giovinezza, annegandoli nell’ebrezza di infinite bottiglie di birra, dolorosamente pagate da vecchi tristi, delusi, rassegnati di dovere lasciare nell’indigenza o costretti alla fuga figli e nipoti.
Chiedo scusa di queste noiose, inutili geremiadi, ma continuo a credere che qualcosa si possa, si debba fare.
 
 
Si potrebbe, per esempio, solo tentare la carta dell’ artigianato,
incoraggiando il ritorno agli antichi mestieri e promuovendo la trasmissione di questi, attraverso sgravi fiscali e agevolazioni per coloro che avvierebbero i giovani all’apprendimento di arti, la cui professione ha un peso notevole sulla bilancia economica nazionale.
Si potrebbe, ancora, favorire e incrementare una seria cooperazione, non condizionata dall’asfissia burocratica e politica e libera di rapportarsi con realtà anche internazionali.
Si potrebbe, insomma, garantire e incoraggiare coloro che hanno il coraggio di fare impresa, piuttosto che umiliarli, osteggiarli ed impoverirli.
Non possiamo più piangerci addosso con inutili e noiose lamentazioni per quello che accade giornalmente sotto i nostri occhi, sperduti e assenti.
Chi ha la responsabilità della cosa pubblica non deve e non può più limitarsi a piagnucolare e fingere di indignarsi e protestare per il dimensionamento o la chiusura di importanti servizi territoriali.
Non è possibile strillare per lo spostamento degli Uffici a Caltanissetta. L’ultimo ufficio a chiudere sarà l’Agenzia delle Entrate!
Nè è più credibile fingere di latrare, ma in realtà belare, per la inevitabile chiusura di questo o quello Ospedale.
Bisogna chiaramente prendere atto e dire alla gente che il territorio di quella che fu la Provincia di Enna ha una popolazione, che non supera i 170.000 abitanti, pari appena a quella di un quartiere di Catania o di Palermo.
Centosettantamila diviso quattro (quanti sono o vorremmo che fossero i nostri ospedali, non considerando l’OASI di Troina) dà quarantaduemilacinquecento anime, non tutte residenti.
Sarebbe come dire che ogni parrocchia catanese dovrebbe avere diritto al suo bel nosocomio!
 
Giusto è, certamente, fare valere i propri diritti; ma è altrettanto giusto e dignitoso prendere atto dello stato delle cose e non raccontare alla gente fandonie.
La Valle del Dittaino rischia di diventare un cimitero senza sepolture; l’ultimo grosso gruppo alimentare è pronto a fare le valigie, per trasferirsi a Catantia.
“ La Sicilia” di giorno 19 Gennaio 2020, denunzia a lettere cubitali che “ le aree interne saranno l’ospizio della Sicilia e che nel 2030 uno su quattro abitanti sarà over 65”.
In atto, i giovani ( molti solo nominalmente residenti) sarebbero solo 4000!
E’ tempo di svegliarsi, di svegliare, di intervenire, di rimediare.
Non si tratta di cercare responsabilità e colpe dalle quali, a ben guardare, nessuno di noi è immune.
La deputazione regionale si dia una mossa; anche per un fatto di egoismo personale, poiché non è escluso che nelle prossime elezioni eleggeremo un solo deputato.
C’è bisogno di studio, di rigore, di attenzione e di tanto, tanto amore, verso la nostra terra e la gente che ancora si ostina a volerla abitare.