di Josè Trovato

Barrafranca. E’ indagato dalla Dda di Caltanissetta per concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso, ma si professa innocente, parla di lotta alla mafia e si dice pronto a chiarire la sua posizione davanti ai magistrati della Procura distrettuale. L’incontro con il sindaco Fabio Accardi avviene martedì mattina alle 9 nella sua stanza al primo piano del Palazzo municipale. Fuori ci sono ad attenderlo alcuni disoccupati dei cantieri di servizio. L’intervista alla fine dura all’incirca una mezz’ora.
Sindaco, lei è indagato per una storia che riguarda il servizio di rifiuti, aggiudicato tra il 2018 e il 2019 al raggruppamento d’imprese che lo gestisce tutt’ora. Lei è accusato di aver segnalato alla famiglia Bevilacqua la partenza di questi lavori (poi il clan avrebbe chiesto il pizzo, camuffando, secondo l’accusa, le somme erogate come pagamento di un canone di locazione ). Come sono andati i fatti? Innanzitutto contestualizziamo il periodo. Tra settembre e ottobre 2018 ancora il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti era affidato attraverso ordinanze sindacali. In quel periodo però si stava completando all’Urega la gara per affidare il servizio, che sarebbe durato sette anni. Nel mese di ottobre l’Urega completò la gara e individuò l’operatore economico che doveva svolgere il servizio. Ne diedi tempestiva e ampia comunicazione a tutti. Ricordo che in quei giorni lo comunicai al consiglio comunale, anche perché era per me, per l’amministrazione comunale, per la nostra intera comunità a mio avviso era una rivoluzione e un successo, al culmine di un lavoro durato anni. In quei giorni, così, la comunicazione ebbe una eco piuttosto forte. Quando uscivo fuori ricevevo i complimenti da tante persone, proprio perché avevamo finalmente messo un punto fermo a un problema che a Barrafranca durava da dieci anni”.
Cosa intende?Intendo che nel periodo precedente Barrafranca aveva cumuli di rifiuti chilometrici, rifiuti nel parcheggio del cimitero, serpentoni di spazzatura. In quel modo il servizio veniva affidato per sette anni a chi lo avrebbe gestito. Andavamo a regime in maniera regolare e diventava uno dei primi comuni della provincia a regolarizzare il servizio. Per questo per noi era un successo. Inoltre ci tengo a sottolineare che l’esito della gara e i verbali erano pubblicati nel sito del Comune e chiunque poteva conoscerlo. Nel 2019, dopo l’affidamento provvisorio avvenuto a fine 2018, abbiamo sottoscritto il contratto con la società. Di questo ho informato la città, ho informato tutti. Non solo, ma svolsi anche un’attività di verifica e di controllo preliminare della società che doveva ottenere i lavori, telefonai a colleghi sindaci dell’Agrigentino per avere notizie sull’affidabilità di questo raggruppamento di imprese. Inoltre la gara è stata fatta dall’Urega, fu una gara europea, e mai ci possono essere state delle interferenze sulla gara. A riguardo sono molto sereno, perché ho semplicemente comunicato a tutta la città”.
Lei lo comunicò anche alla famiglia Bevilacqua?Non c’è stata un’informazione alla famiglia Bevilacqua. Al massimo può essere capitato in una discussione da bar, di parlare dell’aggiudicazione della gara, ma quando già tutto il paese lo sapeva. Non avrei mai anticipato una notizia alla famiglia Bevilacqua”.
Il suo nome figura 124 volte nell’ordinanza dell’operazione Ultra. Un’ordinanza con cui però il gip David Salvucci respinge la richiesta dei domiciliari avanzata dalla Dda nei suoi confronti. Ci sono delle intercettazioni, ce n’è una in particolare in cui lei parla al telefono con l’avvocato Bevilacqua, con un pericoloso boss mafioso. O, meglio, lei video-parla con l’avvocato Bevilacqua, nel senso che il figlio è impegnato in una video-chiamata con suo padre e glielo passa… Non è andata così. Intanto il figlio non mi ha passato il telefono e questo intendo chiarirlo al più presto. Ho chiesto di essere sentito, ma ancora i magistrati della Dda non hanno ritenuto di interrogarmi. È andata che il figlio, mentre parlava al telefono, ha girato il telefonino e mi ha inquadrato con la videocamera. Mentre io ero al bancone ha girato la telecamera verso di me e questa cosa mi ha turbato tantissimo, tant’è che mi sono limitato a una conversazione stringata di circostanza. Mi ha chiesto della salute di mio papà e io ho risposto: “Come stai?”, ma tutto è durato sei, sette secondi al massimo. Questo mi ha lasciato turbato e perplesso: sono rimasto turbato dall’apprendere che Bevilacqua potesse avere strumenti tecnologici a casa e usarli liberamente”.
Qui però c’è una domanda che sento il dovere di porle, perché siamo in Sicilia. La Sicilia non è un posto qualunque e Barrafranca non è una città come le altre, perché ha una storia molto particolare. Perché, uscendo da quel bar, non andò subito dai carabinieri a dire: “Hey, guardate che Bevilacqua parla liberamente al telefono”? Probabilmente questo è stato un errore, ma sono uscito raggelato da quel bar. Non sapevo cosa fare. Probabilmente avrei dovuto fare questo, ma ero turbato da quella conversazione inopportuna, che mi sono trovato addosso all’improvviso. Mi sono trovato catapultato in quella conversazione senza sapere come reagire. Ma non ho mai avuto conversazioni importanti sull’attività politica o amministrativa con la famiglia Bevilacqua. Non lo avevo neppure riconosciuto all’inizio”.
Vuole aggiungere altro a riguardo?Si, ci tengo a sottolineare che più volte ho rappresentato l’inopportunità di porre soggetti al 41 bis agli arresti domiciliari. L’ho fatto anche in Prefettura, per rappresentare la preoccupazione che un soggetto al 41 bis e soggetti come Bevilacqua potessero essere posti agli arresti domiciliari. Lo Stato non lo dovrebbe permettere. Il 41 bis deve essere un regime carcerario mantenuto e bisogna al tempo stesso migliorare le condizioni carcerarie, creando, se occorre per far fronte a casi come quello del Covid-19, strutture ospedaliere detentive. Ricordo inoltre che rappresentai, facendolo presente anche ai carabinieri, la strana partecipazione di Bevilacqua al matrimonio del figlio, il 19 luglio 2018. Quel giorno lui fu autorizzato a partecipare. Più in generale rappresentai alle forze dell’ordine la stranezza di quella concessione dei domiciliari”.
Adesso a Barrafranca si è insediata una Commissione prefettizia, con il compito di svelare eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata.Si, sono arrivati, li ho accolti, hanno comunicato quello che sarà il loro lavoro che durerà tre mesi e possono essere rinnovati altri tre mesi. Ci siamo messi a disposizione per tutto quello  che hanno di bisogno. Visioneranno gli atti prodotti in questa legislatura ma siamo sereni, perché i nostri atti sono sempre stati pubblicati sul sito del Comune”.
Si sente un sindaco commissariato?Certo, non è semplice mantenere la serenità, perché ci rendiamo conto che c’è una grande cappa sulla testa, che le dimissioni del consiglio comunale e l’assenza di un importante parte politica per il Comune dà un peso maggiore. Ma come ho detto ai consiglieri comunali e anche all’esterno è un momento particolare, la nave sta viaggiando con il mare in tempesta e quando il mare è in tempesta si rimane al timone. Conduciamo la nave in porto e poi personalmente scenderò dalla nave. A giugno ci saranno le elezioni e potrà ripartire”.
Intende ricandidarsi?Allo stato no, ma intendo continuare il mandato che i cittadini mi hanno conferito nelle elezioni del 2016. Poi mai dire mai…
Nell’operazione Ultra un funzionario dell’ente era stato posto ai domiciliari, ma poi sono stati revocati. E’ stata annullata la misura cautelare, è già rientrato in servizio e si trova in ferie. Noi, come individuano le linee guide dell’Anac, abbiamo avviato un procedimento di rotazione straordinaria, viene spostato di settore e non avrà la posizione organizzativa, ma mi auguro che chiarisca la propria posizione e tutto quello che gli viene attribuito. Però allo stato attuale abbiamo voluto avviare questo procedimento perché è corretto e giusto nei confronti del dipendente e dell’ente, che deve essere salvaguardato nella sua immagine e nella immagine di massima trasparenza e di massima istituzione presente sul territorio”.
Torniamo all’indagine. Lei frequentava il bar del figlio di Bevilacqua? Quel bar, che appartiene al figlio di Bevilacqua e un altro ragazzo, si trova vicino a casa mia e vicino a casa di mia suocera. Non lo frequentavo, ma di passaggio capitava che prendevo il caffè, leggevo il giornale. Io non frequento né bar né altri locali, ma mi capitava di passare da lì. Del resto, su Alberto Bevilacqua, non ho mai pensato che potesse appartenere a un’organizzazione criminale, ma anzi che stesse cercando di crearsi un futuro lavorando con quel bar”.
Da sindaco, come valuta quanto emerso dall’operazione Ultra: un quadro a tinte fosche di questa città. A Barrafranca si chiede il pizzo, ci sono attentati intimidatori, un traffico di droga gestito dalla mafia. A suo avviso c’è margine perché questo clima possa essere superato o Cosa Nostra ormai è un male endemico? Ho fatto più volte presente agli organi istituzionalmente competenti che Barrafanca vive un momento particolare, per lo spaccio di droga. Dall’operazione Ultra emerge un quadro forse più grande di quello che potevamo pensare. Ma credo che, per rispondere  alla sua domanda, i margini ci sono. Se da una parte saranno la magistratura e le forze dell’ordine a occuparsi di combattere l’organizzazione criminale, la mafia va combattuta assieme alla società civile. Oggi vorrei rivolgermi proprio alla parte sana per lanciare un appello a prendere una posizione chiara contro la mafia, contro la cultura mafiosa e la cultura dell’omertà. Bisogna fare un lavoro di emancipazione dalla cultura mafiosa e dalle logiche mafiose. È un lavoro che avevamo iniziato nel 2016. Ma ci vuole una posizione collettiva non singola”.
Nelle intercettazioni più volte, parlando di lei, Bevilacqua fa riferimento al nome di suo padre. Ecco, mi lasci intervenire sul punto, perché è in corso, da parte di molti, una mistificazione della storia di un uomo perbene come mio padre. Mio padre è stato sindaco di questo comune, ha fatto politica nella Dc e mi faccia dire che non è mai, proprio mai, stato vicino a Bevilacqua. Mio padre faceva parte della sua stessa corrente, la corrente demitiana, ma non è mai stato vicino a lui. Poi però quando Bevilacqua, per candidarsi alle regionali, passa dalla corrente demitiana a quella andreottiana, mio padre e il suo gruppo non lo sostengono. Bevilacqua non fu proposto né dalla sezione locale né da quella provinciale. La sua candidatura venne fuori nelle stanze romane e qui non fu sostenuto dal gruppo di mio padre, che anzi osteggiò la sua candidatura. Erano gruppi in antitesi. Il fatto che oggi Bevilacqua ne abbia quasi un ricordo affettuoso significa che non forse non ricorda bene cosa accaduto in quegli anni. Di sicuro mio padre non era vicino a lui”.
 
 
Il gip David Salvucci, nell’ordinanza Ultra scrive che “la documentata “disponibilità” del Sindaco Accardi Fabio verso i Bevilacqua, si trovava solo apparentemente in contraddizione con quanto da questi espresso in occasione del C.P.O.S.P tenutosi presso la Prefettura di Enna il 30.5.2019, nel corso del quale veniva trattato il problema della recrudescenza criminale all’interno del Comune di Barrafranca. In quel contesto infatti il primo cittadino palesava l’intenzione, da parte dell’Amministrazione Comunale” di costituirsi parte civile nei processi di “mafia ed estorsione”, proposito confermato con la delibera della Giunta Comunale n. 73 del 31.5.2019, ma che poi non trovava riscontro nella effettiva costituzione delle parti nel processo “Kaulonia”, proprio in ossequio al principio declamato dai Bevilacqua della finta antimafia: “La moda è questa falsa antimafia”.
 
Sul punto relativo alla mancata costituzione di parte civile al processo Kaulonia, fonti vicine al sindaco fanno sapere che non ci sarebbe stata la scelta di costituirsi o meno poiché quell’inchiesta riguardava soprattutto il territorio pietrino e non quello di Barrafranca, anche se la città è stata in parte coinvolta. In pratica l’ipotesi non venne presa affatto in considerazione.