di Giovanni Vitale

Dirne bene o male è ormai sport globale, ma anche pressante questione sociale. Ovviamente l’entusiasmo dei primi tempi per i social network si è molto attenuato con l’emergere di problemi importanti: la polarizzazione delle opinioni, l’accanimento nelle discussioni fino alla grave offesa personale, la diffusione di false notizie e calunnie; c’è perfino chi argomenta un enorme abbassamento delle facoltà critiche ed intellettuali degli utenti.
È infatti da poco uscito il film ‘The social dilemma’ di J. Orlowski, famoso documentarista, che per voce di personaggi che hanno collaborato alla realizzazione delle più diffuse piattaforme e browser (i motori di ricerca internet), ne traccia un quadro a dir poco raccapricciante. Seguendo le argomentazioni che ormai da tempo diffonde T. Harris (presidente del ‘Center for HumaneTechnology), inframezzate dai commenti di altri personaggi di grande rilievo in merito, il ‘docudramma’ elenca una serie di motivi per cui tutte le piattaforme, in particolare socialnet, dovrebbero essere chiamate a dar conto del loro “modello commerciale” improntato sempre più alla manipolazione sociale.
La spiegazione è che NON si tratta di STRUMENTI, che restano inerti in attesa dell’uso, ma di apparati sempre più intelligenti ed attivi nel raccogliere i dati degli utenti al fine di prevederne ed orientarne i comportamenti; non solo verso il consumo di beni e servizi ma anche politici ed elettorali. Ciò li configura, dunque, pericolosissimi e destabilizzanti per la democrazia!
Viene quindi risollevata con forza la questione della regolamentazione legislativa dell’impresa digitale che, peraltro, produce un’enorme somma di profitti, la più grande della nostra epoca. A necessitare di regolamentazione, va precisato, non è la tecnologia digitale, ma proprio le piattaforme, individuabili nelle personalità giuridiche che le gestiscono e ne traggono gli utili, finora ritenute affini allo sviluppo capitalistico, ma che in realtà ne minano le fondamenta sociali e culturali.
Agendo sulle condizioni fisiologiche più intime delle persone, come l’appagamento personale e l’autostima nonché il bisogno di socializzazione, ovvero condizionandone l’informazione e la considerazione degli eventi, le piattaforme stanno alterando in poco tempo, e globalmente, quei valori di riferimento sociale che hanno messo secoli per sedimentarsi nelle varie società. Se non si agisce al più presto, con determinazione, il processo destabilizzante sarà irreversibile.
Certo appare molto difficile che, malgrado ogni sforzo dei singoli governi, quanto sopra auspicato si traduca celermente in fatti concreti ed efficaci. Senza contare che finora dove qualcosa è stato legislativamente tentato, ha prodotto risultati parziali e talvolta contraddittori.
Resta però, come per ogni cosa, l’iniziativa personale o di gruppi di persone disposte a rendersi consapevoli dei rischi e, ragionevolmente, mitigarne gli effetti, specialmente per la tutela dei più giovani e di chi è, generalmente, meno attrezzato.