di Giovanni Vitale

Da una parte l’accorato allarme sulla cattiva comunicazione e la disinformazione che furoreggia nei social network. Dall’altra la pluralità del gradimento e la libera condivisione, una sorta di “votazione” di massa per ciò che è credibile ed autorevole. Da un lato si vorrebbe maggiore controllo, un’autorità censoria per bloccare la diffusione esagerata e contraddittoria di notizie (infodemia). Dall’altro si elogia la libertà delle opinioni, la democraticità di poter scegliere a chi, e cosa, dare fiducia e rilevanza.
Ovviamente, si dirà, dipende da cosa si tratta: ci sono argomenti alla portata di chiunque e altri che non lo sono. Si dice, ad esempio, che la scienza non può essere “democratica” e che solo chi ha le competenze e i titoli può lecitamente divulgarla. Attenzione, non chi possa e debba esercitarla, ma a chi spetta il diritto di parlarne pubblicamente. Nel primo caso è questione istituzionale, mentre nel secondo c’è un problema d’accesso ai canali della comunicazione.
Diversamente se l’argomento riguarda, per dire, la forma e desinenza dei supplì siciliani, se tondi o a punta, al femminile o maschile, allora la scelta è libera e un’opinione vale l’altra: si dirà ‘arancinA’ o ‘arancinO’ a piacere e convenienza. Entrambe le definizioni avranno validità e dipenderà da ognuno, liberamente, quanta autorevolezza riconoscere sia a chi li fa che a chi ne dà pubblico giudizio.
Detta così la faccenda sembrerebbe semplice ma, come abbiamo visto di recente, non lo è affatto. Per arancini e vaccini stanno ora valendo condizioni simili. Purtroppo mentre per i supplì la comunicazione va rubricata nel folclore, per i farmaci si tratta della salute. Per distinguerli, a prescindere dal TIPO di comunicazione, dovrebbe essere sufficiente il buon senso e l’educazione scolastica elementare! C’è poi che il livello di credibilità non è tanto diverso sia per l’informazione che arriva dai canali tradizionali (mainstream) che da quelli del socialweb (newmedia).
Ma, curiosamente, ci si applica sul tipo di comunicazione; nemmeno tanto sui canali dell’informazione ma proprio su di essa: si assegna credito a una notizia scientifica e a quella opposta, a una prescrizione farmacologica come a un’altra del tutto diversa.
Di questo passo chi scriverà la storia di questo nostro tempo, anziché definirla epoca ‘della comunicazione’ opterà per ‘della confusione’. Come nella commedia di Brecht ‘Teste tonde e teste a punta’ la conflittualità sociale tende al posizionamento estremo, senza alcuna mediazione; così come nei testi di Rabelais, anche ora è sul senso delle parole, sulla (de)formazione di ciò che si dice, che poggia la credibilità e l’autorevolezza.