di Cetty D’Angelo

Accade due anni fa.  Nell’inverno del 2018 una giovanissima maestra di asilo della provincia di Torino intraprende una relazione con un giovane calciatore del paese. La relazione finisce, ma poco dopo il ragazzo condivide su una chat di calcetto alcune foto intime della ragazza ed un suo video, in cui la giovane è riconoscibile. Le foto ed il video rimbalzano da telefono a telefono, finche la mamma di uno dei bambini frequentanti l’asilo in cui la maestra lavora la riconosce e, dopo aver invano tentato di convincere la ragazza a non denunciare il calciatore, passa il materiale ad altre mamme e alla dirigente scolastica. Quest’ultima induce la giovane a dimettersi poiché “non sarebbe più stata compatibile con il lavoro”. La dirigente convoca poi una riunione con tutte le colleghe, le quali costringono di fatto la ragazza a licenziarsi, in quanto sarebbe potuto succedere che “una madre si presentasse al mattino e dicesse: io non lascio mio figlio a una p…”.
Oggi il giovane calciatore, che due anni fa aveva giustificato il suo gesto dicendo che la loro era “una relazione basata solo sull’attrazione fisica”, ha risarcito la ragazza e ha richiesto la messa in prova con lavori socialmente utili. Si ritrovano sotto accusa anche la mamma che ha contribuito alla diffusione del video e la dirigente scolastica che ha costretto la giovane a dimettersi. “Soffro ancora per quello che è accaduto. Il mio ex ha tradito la mia fiducia, mai avrei pensato che mettesse le mie foto su una chat», spiega la giovane vittima della triste vicenda. Una vicenda che fa indignare sicuramente per la condivisione delle foto operata dal ragazzo senza alcun consenso, al solo scopo di farsi bello con gli amici, senza mostrare alcun rispetto verso l’altra persona, ma anche per la condotta e le affermazioni degli altri personaggi della storia: la mamma che, incurante del terribile gesto del ragazzo, decide di diffondere ulteriormente le foto, come se vi fosse ritratto qualcosa di ignobile da dover denunciare; suo marito che ha accusato la ragazza dicendo: “Se si inviano certi video, si deve mettere in conto che qualcuno li divulghi”; e la dirigente che si preoccupa del buon nome della scuola e la definisce “svergognata”. Le dichiarazioni di tutti soggetti coinvolti, che appaiono se possibile ancora più gravi dei gesti stessi, ci mostrano a chiare lettere come nel nostro Paese non sia ancora concesso alle donne di vivere la propria sessualità liberamente, senza che ciò sia considerato uno scandalo.