di Josè Trovato

L’anno che sta arrivando sarà a dir poco cruciale per le sorti di Salvatore Seminara, uno degli ultimi boss di Cosa Nostra, subentrato nel ruolo di capo provinciale di Enna all’avvocato Raffaele Bevilacqua e di recente detronizzato, al vertice, dall’ascesa paurosa del clan di Pietraperzia. Nel giro di pochi mesi il settantaquattrenne zio Turiddu si gioca un pezzo di libertà, perché a febbraio approderà in appello il processo per l’omicidio di Salvatore Cutrona e Francesco Turrisi, assassinati il 5 aprile del 2015 a Raddusa, un delitto per cui è stato condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte d’assise di Catania. Cutrona, vero obiettivo dei killer, fu ammazzato la mattina di Pasqua di 5 anni fa per aver voltato le spalle al potere mafioso dell’epoca, che secondo l’accusa rispondeva a Seminara, il quale pretendeva di dominare una vasta area estesa dal Calatino fino al cuore della provincia di Enna. E il legale di Seminara, l’avvocato Francesco Azzolina, ha fatto ricorso in appello contro la condanna emessa a Catania, secondo cui il vecchio boss sarebbe il mandante del delitto, organizzato proprio perché Cutrona a un certo punto sarebbe diventato troppo “autonomo” rispetto alla cosca.
Nel 2021 inoltre Seminara attende altri due processi d’appello, perché nel frattempo – lui che ha già una condanna definitiva per associazione mafiosa aggravata per i fatti dell’inchiesta Old One – ha preso altre due condanne pesantissime. Ventisei anni di reclusione gli sono stati inflitti dal Tribunale collegiale di Caltagirone, dove lo hanno processato per associazione mafiosa aggravata, in relazione ad attività organizzative tra Raddusa, Catania e il Calatino. Di questa sentenza, che riguarda l’esito dell’attività istruttoria realizzata dai carabinieri del Ros di Catania, sotto il coordinamento della Dda etnea, si attendono a breve le motivazioni. E c’è poi un’altra condanna, pure lì a 26 anni di reclusione, presa per associazione mafiosa per i fatti dell’inchiesta Good Fellas, un’inchiesta condotta dagli agenti della Squadra Mobile di Enna e del Commissariato di Leonforte, che ha svelato le attività di uno degli ultimi clan leonfortesi, eterodiretto, per l’appunto, proprio da Seminara. Il Tribunale collegiale di Enna, in questo caso, ha accolto la tesi della Dda di Caltanissetta e lo ha condannato. Gli altri imputati hanno scelto il rito abbreviato.  E si attende la fissazione in appello proprio a Caltanissetta.
Frattanto dal punto di vista mafioso, come detto, Seminara non sarebbe più il referente provinciale di Cosa Nostra, sorpassato dai più “intraprendenti” mafiosi di Pietraperzia, in grado di diversificare le attività dei clan fino a riuscire a insinuarsi negli affari dell’Expo di Milano e di mantenere rapporti con la ‘ndrangheta e con le famiglie di altri mandamenti di Cosa Nostra nell’intera Sicilia. Seminara, si ricorda, era stato imposto come capo dal sanguinario boss di Caltagirone Ciccio La Rocca, di recente scomparso; mentre il potere dei pietrini – storicamente ritenuti “affidabili” dall’organizzazione mafiosa, tanto da aver organizzato tra il ’91 e il ’92 la logistica dei summit in cui Riina impose le stragi di Capaci e via D’Amelio – sarebbe stato sancito da gruppi legati ai Santapaola.