di Josè Trovato

Leonforte. Sono in tutto trentadue le persone arrestate dalla polizia, trenta in carcere e due ai domiciliari, nell’operazione Caput Silente, sulle gesta del mai domo clan di Leonforte, che avrebbe operato nel settore del pizzo e del traffico di stupefacenti, seguendo la scia del gruppo sgominato nel 2013 dagli agenti con l’inchiesta Homo Novus. Le accuse, contestate a vario titolo agli indagati, vanno dall’associazione mafiosa alle estorsioni, tentate estorsioni, danneggiamenti, associazione a delinquere finalizzata al traffico di cocaina, marijuana e hashish, detenzione e porto illegale di armi.

I nomi.

Gli arrestati, su ordinanza di custodia cautelare chiesta dalla Dda ed emessa dal gip di Caltanissetta Graziella Luparello, sono i fratelli leonfortesi Alex e Saimon Fiorenza, di 39 e 36 anni, e gli altri leonfortesi Gaetano Cocuzza di 34 anni, Nicola Guiso di 46, Salvatore Mauceri di 51, Antonino Calì di 26, Natale Cammarata di 41, Salvatore Ilardi di 34, Antonino Lo Grande di 27, Pietro Piccione di 27, Antonio Giunta di 44, Salvatore Piccione di 23, Umberto Pirronitto di 45, Francesco Trovato di 28, Salvatore Virzì di 28; l’ennese Salvatore La Delia, 69 anni, storico appartenente a Cosa Nostra ennese; gli ennesi Maurizio Rizza di 53 anni e Fabio Severino di 50; i catanesi Gianluca Barone di 45 anni, Sandro Berti di 48, Giovanni Castorina di 19, Angelo Costanzo di 30, Alessio Gallo di 32, Victor Andrea Junior Mangano di 29, Alfio Nicolosi di 46, Mario Pastura di 53, Carmelo Privitera di 54, Giuseppe Puglisi di 34, Carmelo Straniero di 49, Giovanni Nicolò Straniero di 29. Arresti domiciliari disposti per i leonfortesi Nunzio Ferragosto di 46 anni e Antonino Gagliano di 61.
I due fratelli Fiorenza, Guiso e Cocuzza erano stati già coinvolti nell’inchiesta “Homo Novus”.

L’inchiesta.

I particolari dell’indagine sono stati illustrati stamattina al complesso Boris Giuliano della Polizia di Stato, dal questore di Enna Corrado Basile, dal procuratore facente funzioni di Caltanissetta Gabriele Paci, dal procuratore aggiunto Roberto Condorelli, dal Direttore centrale Anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina e dai dirigenti della squadra mobile, Antonino Ciavola, e del commissariato di Leonforte, Alessio Puglisi.
Nel corso dell’attività investigativa, hanno evidenziato gli inquirenti, sono state sequestrate varie sostanze stupefacenti e armi da fuoco. L’operazione, condotta in collaborazione con la squadra mobile di Catania, i reparti di prevenzione crimine di Palermo e Catania, le unità cinofile delle questure di Catania e Palermo e della polizia di frontiera di Catania e del reparto volo di Palermo, trae origine dall’inchiesta “Homo Novus”, di cui è la naturale prosecuzione. Quell’inchiesta, condotta dalla sezione di pg del commissariato leonfortese, portò all’arresto e alla successiva condanna, per associazione mafiosa, degli affiliati della nuova mafia organizzata leonfortese, che era capeggiata, allora, dall’imprenditore Giovanni Fiorenza. Ora le indagini hanno evidenziato che i figli di Fiorenza, Alex e Saimon, sebbene detenuti in carcere (Alex era uscito solo pochi mesi fa e oggi è tornato in cella), non sarebbero rimasti fermi, ma avrebbero diretto attivamente l’associazione, dando precise disposizioni e direttive, anche a mezzo di comunicazioni epistolari, da qui il nome dell’operazione “Caput Silente”.
Il gruppo smantellato oggi avrebbe cercato di assicurarsi il controllo del territorio mediante l’imposizione agli imprenditori locali della cosiddetta “messa a posto” e di gestire in regime di monopolio il traffico delle sostanze stupefacenti del tipo marijuana, hashish e cocaina. Le indagini, svolte mediante intercettazioni telefoniche, ambientali e di videoriprese, sono state supportate anche dai classici metodi investigativi, attività di appostamento e pedinamento. E’ stata così documentata la complessa e articolata attività criminosa. Innumerevoli le cessioni di stupefacente verso gli acquirenti e diversi gli episodi di danneggiamento, tra i quali spiccano quelli effettuati all’indirizzo di imprenditori appartenenti anche alla locale associazione Antiracket e quelli gravissimi consumati ai danni di due poliziotti in servizio presso la Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di Leonforte.
Il “modus operandi” della maggior parte dei danneggiamenti sarebbe consistito nel taglio delle gomme delle auto e nell’incisione della carrozzeria mediante solchi raffiguranti crocifissi. Ad un imprenditore sono state recapitate buste da lettera contenenti due proiettili con la richiesta del pagamento di un’ingente somma di denaro. Tutti metodi tipici delle organizzazioni mafiose.
Le attività criminali sarebbero state intraprese in nome e per conto della “famiglia”, sia nel settore del traffico degli stupefacenti sia nel settore delle estorsioni.
L’attività di indagine avrebbe permesso di acclarare la responsabilità dei fornitori all’ingrosso di stupefacenti, tutti di base a Catania.
Per quanto concerne il racket delle estorsioni, l’associazione mafiosa avrebbe tentato di sottoporre la totalità degli operatori economici (commercianti e imprenditori), al pagamento di piccole somme a titolo di protezione, secondo il principio che era emerso nell’operazione “Homo Novus” di ottenere piccoli importi dai singoli ma da un numero sempre più elevato di soggetti.
Al fine di evitare contatti diretti le comunicazioni sarebbero state effettuate anche attraverso corrispondenza, recapitata per mezzo di uomini di fiducia liberi sul territorio.
Nel rispetto del principio di solidarietà interna dell’organizzazione mafiosa, alcuni arrestati si sarebbero impegnati anche a raccogliere somme per il sostentamento degli affiliati detenuti e dei loro familiari.

L’omicidio sventato di uno spacciatore

Nell’aprile del 2019 sarebbe stata presa la decisione di uccidere uno spacciatore locale che risultava debitore insolvente di proventi legati all’attività di spaccio; nonché per punirlo in quanto cercava di contrastare il regime di monopolio nel traffico imposto dall’organizzazione.
Solo il pronto intervento degli uomini della Squadra Mobile di Enna e del Commissariato di P.S. di Leonforte ha permesso di far sì che l’evento progettato non venisse portato a compimento. Nello specifico i poliziotti hanno effettuato una perquisizione presso l’abitazione di uno degli affiliati rinvenendo, murata all’interno di un lavello all’interno del garage sottostante, una pistola semiautomatica 9×19 che sarebbe servita per compiere il delitto.