Un rapporto lavorativo può venire meno non solo nel caso del licenziamento. Può essere, come più frequente accade nella realtà quotidiana, che sia il lavoratore stesso che voglia recedere dal contratto, in questo caso deve presentare le proprie dimissioni.
In genere le dimissioni non sono sottoposte a vincoli o a motivazioni particolari. Ci sono, però, delle regole che il lavoratore, quando vuole interrompere il rapporto, deve rispettare. Per esempio, alcune di queste regole riguardano i tempi.
La procedura per le dimissioni del lavoratore dipendente è una pratica che ha subito nel corso degli anni diverse modifiche, con la finalità da rendere più chiara e ineccepibile la volontà del lavoratore. Tutto questo anche per evitare fenomeni illegali che si verificavano, per esempio, quando al momento dell’assunzione al lavoratore si faceva sottoscrivere anche un foglio di dimissioni con data in bianco, in modo che poi il datore di lavoro potesse utilizzarlo a suo piacimento al momento ritenuto più opportuno.
Come cambiano le dimissioni con l’avvento della tecnologia
Il fatto di far firmare anche un foglio di dimissioni lasciando la data in bianco fa parte sicuramente di un passato che non si ripete e non si può ripetere, perché adesso si dispone di molte tecnologie all’avanguardia che consentono di evitare questi comportamenti, ai tempi diffusi, ma illeciti.
Ci si può rivolgere ad un patronato che è, altresì, sicuramente nella capacità di consigliare anche sulle tempistiche da rispettare come preavviso da fornire al momento della presentazione delle dimissioni; volendo invece agire da soli, ci si può collegare al portale del Ministero del Lavoro. Si può accedere tramite SPID o carta d’identità elettronica e presentare così le dimissioni. Il Ministero notifica il recesso dal contratto direttamente all’azienda inviando una PEC.
L’importanza del preavviso
Fra le regole che il lavoratore dipendente dimissionario deve rispettare c’è quella del preavviso.
Questo non vale nel caso delle dimissioni per giusta causa (per esempio quando il datore di lavoro non eroga la retribuzione per il lavoro prestato); al di fuori di tale eventualità, in genere, i tempi sono definiti dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale (che non può essere peggiorativo rispetto a quanto previsto dal CCNL); le tempistiche dipendono inoltre dal livello del lavoratore e dagli anni di durata del suo rapporto di lavoro. È molto importante dare le dimissioni con un preavviso preciso, perché, se questo non risulta rispettato, la parte che recede deve compensare l’altra con un’indennità sostitutiva, salvo giusta causa.
La risoluzione consensuale del contratto e le dimissioni volontarie
A partire dal 2016, con le riforme stabilite dal provvedimento cosiddetto Jobs Act, anche la risoluzione consensuale e le dimissioni volontarie relative al contratto di lavoro devono essere fatte in modalità telematica. Anche in questa situazione si tratta di contrastare la pratica illegale delle dimissioni in bianco, che penalizza spesso i lavoratori più deboli.
Il lavoratore può agire autonomamente collegandosi con lo SPID o con la CIE al sito del Ministero del Lavoro. Si accede così ad un form, attraverso il quale si possono recuperare tutti i dati che riguardano il rapporto di lavoro. Se il contratto è stato firmato prima del 2008, il lavoratore deve indicare la data di inizio del rapporto di lavoro, il tipo di contratto e i dati del datore di lavoro. Alla fine inserisce i dati che riguardano le dimissioni o la risoluzione consensuale.
In alternativa, anche in questo caso il lavoratore può rivolgersi ad un soggetto abilitato, come un sindacato, un patronato o un consulente del lavoro, che, sempre in modalità telematica, compila la richiesta e la invia al Ministero del Lavoro.
I dati contenuti nella pratica di dimissione
Ogni pratica che viene salvata contiene dei dati molto importanti, che rappresentano delle informazioni identificative. Uno di questi dati è costituito dalla data di trasmissione, che in gergo tecnico viene chiamata marca temporale. L’altro dato è un codice identificativo che deve essere coerente con la data.
Naturalmente bisogna ricordare che il lavoratore ha comunque un periodo di tempo per decidere di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale. Per farlo deve agire entro i sette giorni successivi. I modelli telematici delle dimissioni possono essere consultati dai datori di lavoro o dalle sedi territoriali dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
E’ superfluo ricordare che, in caso di dimissioni volontarie, al lavoratore non spetta l’indennità di disoccupazione, NASPI, tranne nel caso in cui le dimissioni siano state presentare come detto per giusta causa, della quale costituisce un ulteriore esempio le dimissioni della donna madre che si dimette per assistere il figlio: in tal caso, vigendo la tutela del periodo di maternità, le dimissioni devono essere presentate per il tramite dell’Ufficio Territoriale del Lavoro, che accerta la “genuinità” del comportamento della lavoratrice.