di Paolo Di Marco

ENNA. Più passa il tempo e più mi assalgono i dubbi. Così faccio mente locale, prendo carta e penna e scrivo. Scrivo per avere la certezza di non sbagliare. Mi addentro alle corrispondenze: Università di Palermo facoltà di Medicina uguale Policlinico a Palermo, non ad Agrigento o a Trapani. Sarà una coincidenza? Riprovo. Università di Catania facoltà di Medicina, Policlinico nella città etnea. Riprovo ancora Università di Messina facoltà di Medicina Policlinico nella città dello Stretto. Tre su tre. Quindi non è una coincidenza è una regola anche giusta, mi pare. Gli studenti universitari di Medicina devono avere in loco il loro Policlinico. Nelle tre città siciliane la regola è regola, ad Enna bisogna, invece, far passare l’eccezione. Università Kore ad Enna, facoltà di Medicina ad Enna Policlinico a Caltanissetta. Sarebbe l’unico Policlinico con sede in una città che non ha un ateneo autonomo. Si, perchè Caltanissetta dispone di corsi universitari non autonomi ma dell’università di Palermo che ha già un suo Policlinico a Palermo. Se proprio non si vuole scomodare il ministero competente basta fare una ricerca sulla rete per accertarsi che non esiste l’Università di Caltanisetta. Ma le regole vanno per la Sicilia ad eccezione che per Enna dove ogni scippo è possibile. Una consuetudine iniziata oltre 30 anni fa quando l’allora Sip ennese venne di fatto chiusa e trasferita, personale e competenze, a Caltanissetta. Negli anni questo tram tram si è sempre più rinfoltito prima con le aziende e banche e poi con gli Uffici pubblici. Uno degli ultimi esempi è l’ex Provveditorato agli studi la cui sede ennese è di fatto scomparsa per rimpolpare la sede di Caltanissetta. Ad ogni nuovo ingresso il ceto politico nisseno non ha mai gridato allo scandalo per quanto perdeva Enna, ma ha incassato ben sapendo che penalizzava una comunità meno numerosa e meno ricca. Si sa scippare ai poveri e ai meno forti è facile e non espone a grandi rischi ma non consegna neppure medaglie al valore.

Oggi, però, ciò che mi fa più male è costatare la marginalità della progettualità della classe politica ennese e nissena.

Premesso che sia Enna che Caltanissetta, zone interne della Sicilia, soffrono della stessa malattia, desertificazione e sottosviluppo, mi sarei aspettato che un esponente di una delle due province avesse colto l’occasione per convocare un tavolo o attivare un’azione affinchè con un unico sforzo prendesse il via il processo di sviluppo e valorizzazione di tutta l’area. Invece, alcuni in particolare, sostengono una guerra che alla fine conterà solo morti e feriti e chi potrà alzare il vessillo della conquista di tappa avrà stretto fra le mani la più effimera delle vittorie. Oggi è necessario che chi soffre di mali comuni si metta assieme per contrastare la possibile scomparsa dell’ammalato. Non è che rubacchiando qua e là si risolva il problema è necessaria una cura importante che deve necessariamente essere somministrata a tutta l’area interna della Sicilia. Ogni comunità è chiamata a mettere il meglio di cui dispone e poi tutti assieme lottare per la valorizzazione. La politica delle singole caselle non paga più. Sarebbe bene allora che Enna e Caltanissetta condividessero un’azione comune di vero sviluppo. Le nostre famiglie oggi piangono sacrifici e figli che scappano via per il lavoro che non c’è. Come potete pensare che la realizzazione, ad Enna o a Caltanissetta, del Policlinico possa rispondere da sola alla richiesta di sviluppo? C’è bisogno di più. Sono necessarie visioni, scelte atte a superare gli sterili egoismi di parte.

Un’ultima annotazione. Rimango basito per la posizione di parte assunta dalla diocesi di Caltanissetta scesa in piazza per privare altri cattolici delle stesse opportunità che chiede per i fedeli nisseni facendosi arbitro di chi ha qualità e di chi non le ha, senza privilegiare la realtà. Le basta che a vincere sia una precisa comunità e chi perde, perde. Non ritorno in discorsi che ho già fatto di chi dispone una università e chi no, e non dico altro. La diocesi ennese, bontà sua, invece non è partigiana, si estranea e lascia il campo libero al vescovado nisseno.

Spero che per la strada di Damasco la folgore colpisca qualcuno per ridare una speranza all’intera Sicilia interna con un progetto di comune sviluppo. Da soli non si va da nessuna parte; anzi si, verso la completa desertificazione.