TFR: destinarlo ai fondi pensione o lasciarlo in azienda?
Oggi tutti i lavoratori, al momento dell’ingresso in azienda, devono decidere dove indirizzare il TFR. L’omissione nella consegna di questo modulo non è priva di conseguenze, poiché, come in molti altri scenari finanziari, astenersi dal fare una scelta equivale di fatto alla decisione di mantenere il TFR presso l’azienda.
Ma cosa rappresenta precisamente il TFR? Può essere più vantaggioso conservarlo all’interno dell’azienda o è preferibile optare per un fondo pensione complementare? Il Trattamento di Fine Rapporto, noto anche come liquidazione, costituisce una porzione del salario del lavoratore dipendente che viene messa da parte mensilmente dal datore di lavoro per essere erogata al termine del rapporto lavorativo, una sorta di risparmio che il datore di lavoro costruisce per i suoi dipendenti nel corso degli anni, allo scopo di agevolare la pianificazione del futuro previdenziale dei collaboratori.
Qual è l’ammontare del TFR?
Il TFR corrisponde a 1/13,5 dell’importo annuale lordo del salario, incluse tutte le somme erogate, equivalente a una percentuale del 7,41%, di cui lo 0,50% è destinato al Fondo pensioni lavoratori dipendenti gestito dall’Inps, a titolo di “miglioramento” pensionistico. In altre parole, il TFR è determinato dall’accantonamento, per ogni anno di servizio, di una quota pari al 6,91% della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni.
In base al decreto-legge n. 252/2005, ai dipendenti di un’azienda viene data l’opportunità di indirizzare il proprio TFR verso sistemi di previdenza complementare. Informando l’azienda entro sei mesi dall’assunzione, il lavoratore può decidere il destino del proprio TFR, scegliendo tra:
-Mantenere il TFR presso l’azienda, per poi riceverlo come liquidazione al termine del rapporto di lavoro. In questa eventualità, il TFR sarà rivalutato annualmente aggiungendo l’1,5% più il 75% dell’incremento dell’indice Istat relativo ai prezzi al consumo.
-Investire il TFR in un fondo pensione, appartenente al secondo o terzo pilastro (cioè fondi a adesione collettiva o individuale), con l’obiettivo di incrementare l’assegno pensionistico pubblico una volta ritiratisi dal mondo del lavoro.
Quale scegliere tra queste due alternative? Per una decisione ponderata occorre analizzarle attentamente.
Se si decide di mantenere il TFR in azienda si ha la possibilità di rimandare la propria scelta a un momento successivo, mentre decisione di indirizzarlo verso un fondo pensione complementare implica un impegno più definitivo. Questo orientamento, influenzata dal concetto di finanza comportamentale relativo ai “sistemi di pensiero rapido e lento”, conduce spesso a decisioni che non necessariamente si rivelano le più vantaggiose per i nostri interessi a lungo termine. È fondamentale considerare attentamente la cosiddetta scelta per omissione. La decisione riguardo l’allocazione del proprio TFR entro sei mesi dall’ingresso in azienda può essere manifestata esplicitamente, tramite la restituzione del modulo compilato, oppure implicitamente, tramite il silenzio, che viene interpretato come un’adesione di default alla previdenza complementare.
Nel caso di un assenso tacito, il datore di lavoro di un’entità con oltre 50 dipendenti destinerà di norma il TFR accumulato al fondo pensionistico collettivo stabilito da accordi o contratti collettivi, a meno di diversi accordi sindacali specifici per l’azienda.
In questa situazione, tuttavia, verrà trasferito soltanto l’importo base del TFR, senza alcun contributo aggiuntivo che sarebbe invece previsto con una scelta esplicita.
Di conseguenza, optando per il silenzio, si rinuncia nel tempo a un’importante somma di denaro per il semplice fatto di aver “optato per non scegliere”.
Nel contesto in cui non siano presenti fondi pensione di secondo pilastro (specifici degli accordi collettivi), il TFR è destinato a un fondo pensionistico speciale presso l’INPS, fondo che talvolta è soggetto a prestiti governativi per la copertura di deficit di bilancio. Una scelta implicita, in qualsiasi direzione, si rivela quindi generalmente svantaggiosa.
Qualsiasi scelta, dunque, deve essere il risultato di un’attenta analisi di eventuali vantaggi, rischi e potenziali svantaggi nell’allocare il TFR in azienda oppure in un fondo complementare.
Vantaggi dell’allocazione del TFR in azienda
La permanenza del TFR all’interno dell’azienda porta con sé una serie di vantaggi:
-Assenza di spese: tenere il TFR in azienda si traduce in un beneficio immediato perché non comporta oneri finanziari diretti a carico del lavoratore. Al contrario, la scelta di trasferire il TFR a un fondo pensione comporta, anche se in misura limitata, l’addebito di commissioni specifiche legate alla gestione del fondo scelto.
-Liquidazione completa: il TFR conservato presso l’azienda viene erogato in un’unica soluzione al momento del pensionamento o, in alternativa, spetta in toto in situazioni di cambio professionale prima del raggiungimento dell’età pensionabile. Nel caso in cui il TFR sia invece versato in un fondo pensione, l’accesso a questi capitali è possibile solo raggiunti i termini per la pensione, e fino a un massimo del 50% del totale può essere ricevuto in forma libera; la parte residua è erogata sotto forma di rendita. La totalità del TFR accumulato può essere richiesta in capitale solo se l’importo complessivo nel fondo pensione risulta talmente limitato da generare, se convertito in rendita per il 70% del totale, una cifra inferiore al 50% del minimo pensionistico. È importante sottolineare l’aspetto previdenziale del TFR, che dovrebbe essere preservato per il suo scopo originario.
Questi elementi delineano i punti di forza nell’optare per la conservazione del TFR all’interno dell’azienda, presentando un quadro di sicurezza finanziaria e flessibilità che meritano considerazione nell’ambito della pianificazione previdenziale e della gestione delle risorse personali.
I punti di forza della previdenza complementare
Optare per la previdenza complementare con il proprio TFR apre la porta a una prospettiva di pianificazione finanziaria per il futuro, specialmente considerando l’aumento della longevità e, di conseguenza, la necessità di risorse finanziarie supplementari in età avanzata. Questa scelta non solo dimostra previdenza ma offre anche vantaggi distintivi rispetto al mantenimento del TFR presso il proprio datore di lavoro, come anticipazioni flessibili: A differenza della possibilità limitata di anticipare il TFR accumulato in azienda, destinare il TFR a un fondo pensione complementare offre maggiore flessibilità. In particolare, è possibile:
-Ottenere fino al 75% del montante per coprire spese mediche immediatamente, senza attendere otto anni.
-Dopo otto anni, si può richiedere fino al 75% per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa, e addirittura il 30% per altre esigenze, possibilità non prevista se il TFR rimane in azienda.
Vantaggi fiscali: l’opzione di destinare il TFR al fondo pensione comporta benefici fiscali significativi. Se mantenuto in azienda, l’intero importo del TFR è soggetto all’aliquota IRPEF media calcolata sugli ultimi cinque anni, che varia dal 23% al 43%.
Nel caso di trasferimento alla previdenza complementare si applica, invece, un’aliquota ridotta, che oscilla tra il 9% e il 15% a seconda della durata degli anni di contribuzione al fondo, offrendo un vantaggio fiscale non trascurabile (motivo per cui sarebbe conveniente iniziare a contribuire a un fondo pensione fin da giovani). Le anticipazioni per motivi sanitari o in caso di disoccupazione beneficiano di una tassazione fissa al 23%.
Contributo aggiuntivo: L’adesione esplicita a un fondo pensione settoriale non si limita al mero versamento del TFR. Prevede infatti anche il versamento di un contributo extra da parte del datore di lavoro, comunemente prossimo all’1% dello stipendio lordo. Questo apporto supplementare costituisce un ulteriore incentivo, incrementando il montante finale disponibile al momento del pensionamento.
Indirizzare il TFR verso la previdenza complementare si configura come una strategia orientata al futuro, capace di offrire flessibilità nelle anticipazioni, vantaggi fiscali apprezzabili e la possibilità di accrescere il proprio capitale previdenziale grazie ai contributi aggiuntivi del datore di lavoro.
Quanto rende il TFR?
Il rendimento del TFR conservato in azienda beneficia di un adeguamento annuale basato su una formula che prevede un incremento fisso dell’1,5% più il 75% della variazione dell’indice ISTAT relativo all’inflazione, un tasso di rivalutazione che i datori di lavoro sono tenuti a garantire, a differenza di garanzie non sempre offerte dai gestori di investimenti o dalle compagnie assicurative.
Per quanto riguarda la previdenza complementare, il rendimento dipende dalla strategia di investimento adottata. Pertanto, si suggerisce di optare per opzioni di investimento più dinamiche se il momento del pensionamento è ancora lontano e si è inclini ad accettare un maggior grado di variabilità nel rendimento in base alle fluttuazioni di mercato.
Analizzando il rendimento nell’ultimo anno, si potrebbe essere indotti a credere che mantenere il TFR in azienda sia stata la scelta più proficua, con una rivalutazione del +8,3% nel 2022, in netto contrasto con il calo medio registrato dai fondi pensione.
Conclusioni
Considerando attentamente tutti i fattori e tenendo conto dell’importanza del TFR come risorsa previdenziale in un contesto italiano caratterizzato da una bassa adesione volontaria ai piani di previdenza complementare, la scelta di destinare esplicitamente il TFR o in azienda o a un fondo pensione deve essere fatta in modo altamente ponderato sulla base degli anni che vi separano dalla pensione e del rendimento desiderato collegato alla sicurezza dell’investimento.
Il suggerimento è chiedere consiglio a professionisti “super partes” e non affidarsi solo agli intermediari finanziari e assicurativi; la pensione complementare sarà erogata quando l’INPS verserà quella “statale”, così prevede la norma; infine è fondamentale, nella valutazione, chiedere quanto sarà il coefficiente di conversione della rendita erogata, ossia la percentuale del montante accumulato che vi sarà annualmente versata: tale valore difficilmente supera il quattro percento.
Sul portale della COVIP – COmmissione di VIgilanza sui fondi Pensione è possibile prendere visione di altre informazioni sull’argomento trattato.