di Josè Trovato

LEONFORTE. Nuova condanna per il boss di Leonforte Giovanni Fiorenza, che prende 2 anni in appello per l’estorsione con cui il suo clan, ormai dieci anni orsono, vietò letteralmente a un commerciante di aprire un negozio di ottica in paese. Un’estorsione da cui è stato assolto in appello colui che, secondo l’accusa, aveva in qualche modo beneficiato della mancata apertura, ovvero l’ottico leonfortese Orazio Zito, che si era sempre professato innocente ma che in primo grado, il Gup, aveva condannato a 2 anni 11 mesi 20 giorni. Assieme a Fiorenza sono stati condannati altri due appartenenti al clan, ovvero Giuseppe Viviano, detto “Pippo u catanisi”, e Mario Armenio detto “l’olandese”. La sentenza è stata confermata dunque per tutti i pregiudicati; mentre Zito, che non ha alcun precedente, esce assolto con formula piena.

La pena inflitta a Fiorenza, che nel frattempo è stato scarcerato per buona condotta e da uomo libero è ritornato in città, è in continuazione con la sentenza del processo Homo Novus. E la stessa condanna è stata inflitta pure ad Armenio, anch’egli a piede libero; così come libero è anche Pippo “u catanisi”, che qui è stato condannato a tre anni di reclusione in continuazione. Viviano è stato ritenuto colpevole dell’estorsione dell’ottica e di una tentata estorsione ai danni di una discoteca operante a Leonforte nello stesso periodo.

Al titolare sarebbero stati chiesti 100 euro come primo segnale della sua scelta di pagare la “protezione”. E gli sarebbe stato recapitato un avvertimento inquietante: il clan gli avrebbe fatto trovare una bottiglia di liquido infiammabile e due cartucce calibro 12. Nel frattempo, però,per boss e gregari della nuova mafia organizzata leonfortese erano scattati gli arresti; e questo non consentì al clan di ottenere i soldi. Per la richiesta di pizzo alla discoteca sono stati condannati in due, Viviano e il leonfortese Angelo Monsù, anche se per quest’ultimo, imputato solo per questo reato, la pena inflitta, in continuazione con Homo Novus, è di soli 4 mesi di reclusione.

L’indagine è uno stralcio dell’importante inchiesta antimafia condotta dagli agenti della sezione di Pg del Commissariato di Leonforte, che sei anni fa posero la lente d’ingrandimento su tutte le attività del nascente clan Fiorenza. Il capo Giovanni, cognato del vecchio referente dell’Onorata società leonfortese Rosario Mauceri – mafioso ed assassino estraneo a questa inchiesta, in carcere all’ergastolo –, nel 2013 riuscì a creare un clan mafioso e a farlo riconoscere dal boss provinciale di Cosa Nostra Salvatore Seminara, detto “zio Turi”. A coordinare le investigazioni è stato il sostituto procuratore di Caltanissetta, oggi procuratore aggiunto, Santi Roberto Condorelli, il magistrato che ha coordinato quasi tutte le più importanti reazioni dello Stato contro la mafia operante nel territorio ennese.

Soddisfazione è stata espressa dagli avvocati di Zito, i penalisti Mario Brancato e Giuseppe Grasso, secondo cui Zito fu accusato ingiustamente. L’ottico ha sempre sostenuto di non aver mai chiesto niente ai mafiosi che lo avvicinavano e di non aver avuto, peraltro, nulla da temere dall’eventuale apertura di un altro negozio. “La Corte di Appello di Caltanissetta, presieduta dal dottore Tona, ha accolto in toto le ragioni della difesa ed ha formulato sentenza di assoluzione – affermano i difensori -. Manifestiamo compiacimento per il risultato ottenuto, che ha consentito di far luce su una brutta pagina giudiziaria che aveva visto coinvolto un integerrimo padre di famiglia. Grazie alla scrupolosa gestione del processo da parte della Corte di Appello è stata restituita dignità ad un onesto lavoratore”.