di Luana Ninfosi

Era il 16 Giugno 1982 quando nell’incrocio tra Via Ugo La Malfa e Viale della Regione Siciliana a Palermo, a circa 500 mt da Sferracavallo, una pioggia di sangue che ha finito per travolgere pure delle vittime innocenti per mano di Cosa Nostra. Uno dei favori che i corleonesi di Totò Riina fecero all’amico Nitto Santapaola riguarda l’omicidio del boss Alfio Ferlito.

Infatti l’obiettivo del commando di sicari, armati di kalashnikov, era il boss catanese, che si trovava a bordo di una Mercedes, guidata dall’autista che aveva in appalto il trasporto dei detenuti, il ventisettenne Giuseppe Di Lavore.

La scorta che si occupava del trasferimento del boss Ferlito, che dal carcere di Enna doveva arrivare a quello di Trapani, era formata da tre carabinieri: l’appuntato Silvano Franzolin, nato il 3 aprile 1941 di Rovigo, sposato con due figli, il carabiniere Luigi Di Barca, nato il 10 aprile 1957 di Valguarnera, lasciando la moglie incinta e il carabiniere Salvatore Raiti, nato il 6 agosto 1962 di Siracusa. Erano tutti in servizio alla Stazione dei carabinieri di Enna.

Le ultime inchieste della Procura e dei Carabinieri, con la collaborazione di alcuni pentiti, hanno permesso di chiudere il cerchio con l’arresto degli assassini e dei mandanti, tra cui il boss Santapaola.

Le vittime Salvatore Raiti, Silvano Franzolin e Luigi Di Barca, militari italiani, sono stati insigniti della Medaglia d’oro al valor civile alla memoria, così come l’autista Giuseppe Di Lavore.

Sono passati 41 anni dalla strage, ma la lotta alla mafia non è di certo finita e non si può dimenticare, né i fatti né le vittime. E non bisogna rimanere indifferenti.