Quando l’evasione fiscale diventa reato.
Il fenomeno dell’evasione fiscale è tristemente noto in Italia ed è tema quotidiano di cronaca, locale e nazionale. Il fatto ha subito un’ulteriore evidenza in seguito alla normativa relativa al superbonus del 110% con le relative cessioni dei crediti, che inizialmente potevano anche effettuarsi “a cascata” tra gli operatori interessati, così agevolando atteggiamenti poco trasparenti e talvolta di truffa ai danni dello Stato.
Volendo fare chiarezza è bene però comprendere quando l’evasione fiscale, ossia il sottrarsi al pagamento delle imposte, assume carattere di illecito penale e quando invece ci si trova di fronte a illeciti di natura amministrativa.
L’illecito penale è soggetto al principio di legalità, in base al quale nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto dalla legge come reato. L’illecito amministrativo, invece, è collocabile in posizione intermedia fra quello che è illecito “civile” e quello che è un illecito “penale”, cioè un reato.
Per quanto interessa la normativa tributaria, è corretto precisare che il legislatore ha previsto dettagliatamente quelli che sono i comportamenti con possibili risvolti penali, tramite il d.lgs.74/2000 e successive modifiche ed integrazioni.
Il fatto, alquanto comune, di non aver pagato una cartella esattoriale non rappresenta in genere un comportamento penalmente perseguibile, tranne i dovuti distinguo ovviamente; tant’è che il legislatore, consapevole di questo e del fatto che la “schiavitù per debiti” appartiene ormai ad epoche antiche, ha nel tempo varato norme per cercare di recuperare il dovuto da parte dei contribuenti insolventi, tramite i così detti provvedimenti di “rottamazione”, che negli ultimi anni paiono non avere mai fine, secondo un noto adagio secondo il quale “per pagare e per morire c’è sempre tempo”.
Quello che invece non è tollerato in ambito tributario, e per questo motivo ha delle conseguenze molto gravi, volendo estremamente semplificare il discorso che andrebbe invece approfondito con un professionista della materia, sono:
– La presentazione di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, senza distinguo del valore dei documenti falsi correlati; il reato punito con la reclusione da quattro a otto anni.
– La presentazione di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici; la norma incriminatrice è rivolta a colui che si avvale di documenti falsi o altri mezzi idonei ad ostacolare l’attività di accertamento o a indurre in errore l’amministrazione finanziaria. È necessario però che l’imposta evasa sia superiore a trentamila euro; il reato punito con la reclusione da tre a otto anni.
– La presentazione di dichiarazione infedele, indicando in una delle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando l’imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila.
– L’omessa presentazione della dichiarazione, quando l’imposta dovuta è superiore a euro cinquantamila.
– Occultamento o distruzione di documenti contabili.
– Mancato versamento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) oltre alla soglia per anno solare di euro duecentocinquantamila.
– L’utilizzo in compensazione tramite il modello F24 di crediti non spettanti o per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
Si tratta, come si può evincere da quanto esposto e limitato alle fattispecie più comuni, di illeciti sostanzialmente di natura “documentale”, comportamenti assolutamente da evitare per la gravità e per il disvalore sociale attribuito.