Il “dossieraggio” e il diritto alla privacy violato.
Le banche dati a disposizione delle istituzioni sono numerose e contengono una mole rilevante di informazioni.
È di estrema attualità il così detto fenomeno del “dossieraggio”, termine con il quale la stampa ha definito l’attività condotta da alcuni funzionari pubblici in modo illecito e consistente nell’interrogare banche dati estremamente riservate, “scaricando” i relativi file contenenti dati di pertinenza di cittadini, pare in quantità superiore a 30.000 documenti, quantità definita “mostruosa“, un “verminaio” come descritto dal procuratore incaricato dell’inchiesta che è stata aperta dopo che le notizie erano comparse sugli organi di informazione.
Dalle indiscrezioni trapelate pare che il fenomeno abbia coinvolto, al momento, oltre tremila soggetti, ma le indagini sono attualmente ancora in corso per comprendere quale fosse il motivo reale del reperimento di tali informazioni; le ipotesi alla cronaca sono di vario tipo, anche la possibilità che tali dati fossero di interesse da parte di soggetti esteri non meglio identificati, oltre che utili per screditare alcuni protagonisti della politica italiana; pare, inoltre, che ad essere posto sotto osservazione fosse non solo il mondo politico (in prevalenza appartenenti alla maggioranza di governo), ma anche migliaia di italiani normalissimi, lavoratori, padri di famiglia, dei quali veniva scandagliata la vita privata senza alcuna particolare esigenza istituzionale.
Pare che le banche dati a disposizione del funzionario infedele, fossero la banca dati dell’Agenzia delle Entrate, Serpico e quella delle operazioni segnalate come sospette ai fini della normativa antiriciclaggio (SOS).
Dalle prime, è possibile ricavare redditi, proprietà, informazioni tributarie e di impresa, numeri di telefono fissi e mobili, precedenti di polizia e di natura giudiziaria, come l’esistenza di indagini preliminari riservate, i procedimenti pendenti e quelli definiti. I dossier “scaricati” non sempre erano connessi a fatti di cronaca.
Capitolo a parte è rappresentato dalla banca dati che contiene l’enorme mole di operazioni segnalate come sospettate di collegamento a fenomeni di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.
Gli operatori tenuti a tali segnalazioni (S.O.S., segnalazione operazione sospetta) sono una platea molto vasta: banche, istituti finanziari, compro oro, agenzie immobiliari, notai, professionisti contabili come commercialisti e consulenti del lavoro, i collegi sindacali di società ecc. ecc. Nell’esercizio delle loro funzioni, questi soggetti sono tenuti ad effettuare l’adeguata verifica del cliente all’atto dell’instaurazione del rapporto professionale, ossia ottenere le informazioni circa l’esistenza effettiva dell’ente con il quale viene instaurata la prestazione continuativa, l’identità del titolare effettivo, dell’esecutore delle operazioni, il controllo costante del rapporto e, qualora ne sussistesse il presupposto, effettuare la segnalazione di operazione sospetta all’unità o informazioni finanziaria – UIF – presso la Banca d’Italia la quale, vagliate le informazioni ricevute potrà, in alternativa: archiviare la segnalazione ricevuta, inviare i dati al nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza, inviare le informazioni ricevute alla Direzione Nazionale Antimafia; questi due organi possiedono poteri di rilevante entità, finalizzati ad approfondire le informazioni ricevute da parte degli intermediari obbligati in osservanza delle norme previste dal d.lgs.231/2007 e successive modifiche ed integrazioni, ossia la normativa antiriciclaggio italiana, introdotta a seguito delle direttive comunitarie che si sono succedute nel tempo.
Le informazioni ricevute da parte degli intermediari, al novanta percento costituite da segnalazioni di operazioni sospette, S.O.S., che vengono inviate dalle banche e dagli istituti di credito, sono in ogni caso archiviate un’apposita banca dati, accessibile dalla Direzione Nazionale Antimafia e dal nucleo speciale di polizia valutaria. A tale banca dati affluiscono, ad esempio, le segnalazioni di prelievi e versamenti di denaro effettuate dai clienti che superano determinate soglie, non solo quelle eccedenti l’importo singolo consentito (attualmente 4.999,99 euro) ma anche quelle che, secondo la policy dell’azienda bancaria, superano la soglia internamente stabilita dall’istituto di credito nel mese di riferimento. Affluiscono inoltre i bonifici disposti e ricevuti dall’estero, oltre all’operatività che il funzionario di banca reputa sospetta ai sensi della normativa antiriciclaggio e che per prudenza, spesso, segnala per evitare lui stesso di incappare nelle sanzioni, estremamente importanti, previste in caso di assenza della segnalazione.
Si comprende, pertanto, quanto possa essere ingente tale banca dati, spesso alimentata da informazioni non rilevanti ai fini per i quali essa è stata realizzata, ossia individuare le possibili operazioni di riciclaggio di denaro proveniente da reato; per trattare più agevolmente la mole di informazioni gli uffici hanno in dotazione un applicativo denominato Siva2, mentre per individuare eventuali precedenti di polizia l’applicativo è il SID; il SIDDA-SIDNA, è infine una procedura informatica che raccoglie informazioni da tutte le Procure dalla Repubblica italiane.
L’accesso, la diffusione indiscriminata e forse addirittura la vendita delle informazioni in esse contenute, come nella vicenda del “dossieraggio“, rappresenta una grave violazione della privacy delle persone, che lascia perlomeno perplessi su come tutte le nostre informazioni siano disponibili nella loro interezza “con un semplice click“, quando per costituirle viene richiesta, per qualsiasi tipo di attività, anche la mera compilazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista incaricato, una serie di sottoscrizioni a pena di non poter adempiere a quanto richiesto e che deve essere adempiuto spesso per assolvere solo a obblighi di legge.