I laureati italiani preferiscono fuggire all’estero. Rapporto Almalaurea 2024.
Da svariati anni a questa parte, l’Italia si trova costretta ad affrontare la cosiddetta problematica della “fuga dei cervelli”, aumentata esponenzialmente nel corso degli ultimi tre lustri. Un argomento assai dibattuto nella nostra società, come sempre fiumi di parole che, però, sembrano non trovare alcun rimedio all’atto pratico. Anzi, in base al rapporto Almalaurea 2024, la “fuga dei cervelli” sembra diventata, ormai, un processo quasi irreversibile per una significativa frazione di giovani italiani.
Gli incentivi che favoriscono i laureati italiani ad abbandonare il nostro Paese sono svariati, anche se è fuori dubbio che uno dei principali attenga la sfera economica. I dati, in tal senso, sono alquanto impietosi, testimoniano quanto la forbice salariale sia estremamente ampia per quanto concerne il primo stipendio percepito da un neolaureato in Italia o all’estero: nel nostro Paese, quando va bene, la prima busta paga è di poco inferiore a 1.400 €, mentre all’estero i laureati italiani percepiscono – mediamente – un salario di quasi 2.200 €.
Laureati italiani: qual è la differenza salariale tra impiego in Italia e all’estero
La differenza salariale è piuttosto cospicua, anche considerando l’evidenza che il costo della vita italiano non è certamente troppo dissimile a quello dei paesi stranieri dove migrano i nostri neolaureati.
La problematica del salario in Italia, oltretutto, è divenuta ancor più stringente dopo la pandemia, complici i prezzi schizzati alle stelle da una spirale inflattiva come non si vedeva da cinquant’anni a questa parte; in tale contesto gli stipendi dei neolaureati, nella maggior parte dei casi, non sono stati adeguati all’aumento del costo della vita.
La differenza del salario percepito resta particolarmente elevata anche a distanza di un lustro dal conseguimento della laurea: in Italia lo stipendio ammonta a 1.750 €, mentre all’estero la busta paga sale a 2.700 €. È evidente che l’aspetto economico, quindi, incida profondamente sulle scelte dei laureati italiani, che dopo anni di sacrifici negli atenei del loro Paese desiderano ricevere un’adeguata ricompensa.
Non stupisce in alcun modo, quindi, quanto emerso nel rapporto Almalaurea 2024. Alla domanda “Accetteresti un primo stipendio di 1.250 €”, la maggior parte dei ragazzi (quasi il 65%) ha risposto con un cortese diniego. Tutto ciò si riflette anche sui dati relativi all’impiego dei giovani a un anno dal conseguimento della laurea, che fanno registrare un calo dopo dodici anni di crescita costante.
Le offerte di lavoro estere sono maggiormente gratificanti e prospettiche
Pur essendo prioritario, il problema economico non è certamente l’unico che spinge i nostri giovani a trovare maggiori gratificazioni professionali al di fuori dei confini nazionali. Una percentuale ragguardevole dei laureati emigrati in territorio straniero, infatti, dichiara di aver accettato l’offerta di lavoro in quanto reputata maggiormente stimolante per le prospettive future, evidenziando un altro atavico problema che, non di rado, colpisce il nostro Paese dal Nord al Sud dello Stivale: l’assenza di meritocrazia.
Questa problematica è posta in evidenza da coloro che si sono recati all’estero a pochi anni dal conseguimento della laurea; testimonia come il nostro Paese, non in rari casi purtroppo, tenda a mancare di riconoscere il giusto merito a coloro che dimostrano talento e capacità, non offrendo sbocchi professionali appaganti che vadano al di là del mero aspetto economico.
All’estero vengono offerti più frequentemente contratti a tempo indeterminato
Un altro elemento notevolmente disincentivante, riguarda la tipologia di contratto. Quelli a tempo indeterminato sono nettamente più diffusi all’estero che nel nostro paese; a un anno dalla laurea, al di là dei confini nazionali vengono offerti nel 42% dei casi, mentre in Italia si raggiunge un modesto 25%; il dato si assottiglia se volgiamo lo sguardo al quinquennio dal conseguimento della laurea, anche se l’offerta di contratti a tempo indeterminato all’estero resta sempre più elevata rispetto al nostro Paese (58% vs. 52%).
Tutti questi dati sono resi ancora più spiacevoli considerando un altro aspetto. I giovani che emigrano all’estero sono, tendenzialmente, quelli con i voti più alti e maggior regolarità nel percorso di studi: si tratta pertanto di una vasta platea dell’eccellenza prodotta dai nostri atenei che contribuirà alla crescita di un altro Paese.
Per concludere, la circostanza più infelice è che sette su dieci di questi giovani, come evidenziato dal suddetto rapporto Almalaurea 2024, non intende rientrare in Italia.
Il caso più evidente si configura oggi nelle professioni sanitarie dove, complici le competenze acquisite “spendibili” in tutto il modo, la perdita di professionisti sta contribuendo alla carenza di camici bianchi in tutto il territorio nazionale; persone formate per anni e selezionate in numero estremamente limitato con un metodo discutibile quale è quello rappresentato dai quiz a risposta multipla che, terminati gli studi, si trasferiscono all’estero portando con loro un bagaglio culturale per il quale il nostro Paese ha notevolmente contribuito a dotarli.
Sul portale di Almalaurea, consorzio che è nato nel 1994 con l’obiettivo di valutare le performance di studio e gli sbocchi professionali dei laureati, è possibile consultare una serie di report relativi all’argomento.